Corriere 23.6.16
Fra Italia e Germania Il problema delle stragi
risponde Sergio Romano
Avendo
 avuto numerose occasioni di frequentare cittadini tedeschi ho notato 
che un argomento tabù è in genere per loro il nazismo. Mai ne parlano e 
le autorità giudiziarie della Repubblica federale hanno, d’altra parte, 
frapposto ostacoli insormontabili alle estradizioni dei militari 
tedeschi colpevoli delle stragi perpetrate in Toscana come ha dichiarato
 di recente il nostro Procuratore militare che istruì i processi. Il che
 mi fa ritenere che la stragrande maggioranza dei tedeschi non sia 
sensibile al problema, come d’altronde gli stessi responsabili ancora in
 vita, di recente intervistati da un giornalista tedesco per la Rai. Che
 ne pensa? O la mia domanda è «politicamente» inopportuna?
Giorgio Castriota
Caro Castriota,
Credo
 che occorra distinguere fra due fasi alquanto diverse della storia 
tedesca. Per due decenni, dopo la fine del conflitto, il silenzio sui 
trascorsi nazisti della nazione sembrò il mezzo migliore per evitare che
 la vita della nuova Germania venisse paralizzata da un continuo 
processo al passato. Prevalse, come in Italia, la convinzione che 
occorresse salvaguardare la continuità dello Stato, anche se molti 
funzionari e magistrati erano stati iscritti al partito nazista.
Questo
 atteggiamento fu favorito dagli Alleati, a cui premeva soprattutto che 
la Germania riabilitata desse un contributo determinante alla creazione 
di un fronte europeo immune da contaminazioni comuniste. Ma negli anni 
Sessanta, mentre una nuova generazione stava occupando posizioni 
direttive nell'economia e nella vita pubblica, la Germania ebbe il 
grande merito di affrontare pubblicamente il problema delle proprie 
responsabilità. Questa tendenza fu accentuata dal «Sessantotto» tedesco:
 un fenomeno che, come in altri Paesi occidentali, fu soprattutto una 
rivolta dei figli contro i padri. Nella Repubblica Federale, in 
particolare, ai padri fu chiesto di spiegare perché avessero accolto 
entusiasticamente il regime hitleriano o, nel migliore dei casi, chiuso 
gli occhi di fronte alle malefatte naziste. Pochi Paesi da allora hanno 
dato prova di altrettanta franchezza e di altrettanto coraggio.
Il
 problema delle estradizioni e degli indennizzi alle parti civili nei 
processi per le stragi tedesche alla fine della Seconda guerra mondiale è
 una questione diversa. Quando la Corte di cassazione italiana, nel 
2008, respinse il ricorso della Germania contro una sentenza italiana 
che condannava il governo tedesco a pagare un risarcimento per le stragi
 della provincia di Arezzo, il governo tedesco si appellò alla Corte di 
giustizia internazionale dell’Aia sostenendo il principio della immunità
 giudiziaria dello Stato; e l’Aia, nel 2012, dette ragione alla 
Germania. I tedeschi non erano contrari a specifiche trattative su 
singoli episodi, ma volevano evitare che il loro Stato venisse chiamato 
in giudizio da tutti i Paesi che avrebbero approfittato della sentenza 
di Roma per avanzare analoghe richieste.
 
