Corriere 22.6.16
Il potere dei sindaci
di Sergio Rizzo
Compromesso
è una parola che nel vocabolario del Movimento 5 Stelle non figura.
Perfino i rapporti con gli altri partiti sono in linea di principio
banditi, quando non lo è addirittura la dialettica interna. Però questa è
una regola naturale, comune a tutte le forze che si propongono di
rivoluzionare il sistema. Quello che accade oggi nella formazione
politica fondata da Beppe Grillo con Gianroberto Casaleggio ricorda da
vicino le dinamiche di certa sinistra extraparlamentare degli anni
Settanta, fatte le debite differenze. Ma un conto sono i comizi
dall’opposizione contro gli inceneritori e la Tav, un altro conto è
governare. Mette di fronte a fatti come l’accoglienza tributata dalla
Borsa ai sindaci grillini in un giorno euforico a Piazza Affari: un calo
del 4,7% delle azioni della romana Acea e del 3,5% dell’Iren,
partecipata del Comune torinese. E servono risposte.
Chiara
Appendino e Virginia Raggi hanno tuttavia un vantaggio: non dovranno
scendere a compromessi almeno nella coalizione. Che non esiste.
Per
la prima volta a Torino e Roma regna un partito solo e monolitico, il
che elimina il turpe mercato delle vacche post elettorale: una nomina a
Caio, un ente a Tizio, una sagra a Sempronio. Qui si annidava il germe
della pessima amministrazione, ed era ora che finisse.
Ma non si
illudano che il capitolo dei compromessi si chiuda qua. Ben altri se ne
devono affrontare governando sistemi complessi quali sono le metropoli
di Roma e Torino. Tanto più considerando che Virginia Raggi ha vinto con
il voto di appena un terzo degli elettori romani e Chiara Appendino con
quello di poco più di un quarto dei torinesi.
Il problema di Roma
ha dimensioni decisamente più grandi rispetto a Torino, non soltanto
per lo stato pietoso in cui versa la Capitale. Virginia Raggi ha addosso
gli occhi del mondo intero, e a Roma il M5s non può permettersi passi
falsi. Perché dal successo o dal fallimento della prima prova di governo
con seri riflessi nazionali dipenderanno le possibilità di giocarsi la
prossima sfida per Palazzo Chigi. Per questo è importante capire qual è
il confine accettabile del compromesso.
Segnali ne sono già
arrivati. In campagna elettorale Virginia Raggi ha rassicurato tutti.
Tassisti, autisti dell’Atac, dipendenti comunali e delle
municipalizzate. Ma tenere fede a troppe rassicurazioni potrà comportare
l’impegno a non turbare lo status quo. Del resto il direttore dell’Atac
Marco Rettighieri, che l’aveva messo in discussione scontrandosi con il
sindacato, ha già le valigie pronte.
Così anche il presidente
dell’Ama Daniele Fortini, ma per ragioni diverse. Il futuro assessore
all’Ambiente viene dalla sua azienda, dove ha lavorato per dieci anni, e
di cui è consulente. Una scelta indicativa del compromesso che si
profila sul tema più sensibile per il Movimento. Paola Muraro non si è
mai pronunciata contro gli inceneritori, che i grillini vedono come il
demonio. Al punto da non poter escludere che le difficoltà del sindaco
di Parma Federico Pizzarotti siano iniziate quando ha perso la battaglia
contro l’inceneritore locale, perché di proprietà della Provincia.
Roma
però non è Parma. E il futuro assessore sa fare il suo lavoro: tanto
basta, a dispetto dei tabù inviolabili. Perché a chi volesse mettere in
seria difficoltà una giunta appena eletta sarebbe sufficiente bloccare
la raccolta per un giorno, o fermare il flusso dei 180 (centottanta!)
Tir che quotidianamente portano l’immondizia romana agli inceneritori
del Nord. Precipitando la Capitale nella crisi. Non c’è nemmeno un sito
di stoccaggio provvisorio per le emergenze: il progetto è bloccato da
due anni e mezzo alla Conferenza Stato-Regioni. Ecco anche spiegate le
tante cautele con cui è stata gestita questa faccenda prima e durante la
campagna elettorale. Per non parlare delle accortezze che hanno
fruttato ai grillini la silenziosa alleanza dei sindacati interni, fino
alla potentissima Cisl. Riaccendendo addirittura le speranze di
rientrare in gioco mai abbandonate da Manlio Cerroni, il re di
Malagrotta messo all’angolo da Ignazio Marino.
Come dimostrato
dalla crisi di Napoli del 2008, i rifiuti possono bruciare intere
generazioni politiche. E gli avversari godrebbero nel vedere i grillini,
duri e puri, infilzati dalla stampa internazionale perché Roma affoga
nell’immondizia. Addio luna di miele con i romani, addio alle ambizioni
di puntare ancora più in alto, e magari addio anche alle Olimpiadi...