martedì 21 giugno 2016

Corriere 21.6.16
Ricca, nobile, impazzita per Bakunin. La vera Anna Karenina
di Isabella Bossi Fedrigotti

Fosse stato amore, l’esito della vicenda sarebbe probabilmente stato diverso, perché l’amore, dopo le grandi tempeste iniziali, di solito si affievolisce, passa, soprattutto se la vita si fa difficile, con ostacoli di ogni sorta lungo il cammino. Molto più fatale è l’infatuazione intellettuale, la sconfinata, esaltata ammirazione che rende soggiogati, irragionevoli, a volte perfino ciechi.
Fu proprio questo il sentimento totalizzante che centocinquanta anni fa infiammò la principessa russa Zoé Obolenskaja, straordinariamente ricca moglie del governatore di Mosca e madre dei suoi cinque figli, per il rivoluzionario esule suo conterraneo Michail Bakunin, e che ne stravolse in modo irrimediabile la vita. La vicenda, svoltasi in gran parte tra Napoli e Ischia — dove si conobbero i due espatriati— la racconta in Zoé, la principessa che incantò Bakunin (Mondadori) Lorenza Foschini che ha consultato documenti, lettere, diari e intervistato parenti e discendenti di entrambi i protagonisti della storia.
Il rivoluzionario, un omone immenso, spettinato, malvestito, poco curato sebbene a sua volta figlio di grande famiglia aristocratica, si trovava dunque a Napoli dopo essere riuscito a fuggire nientemeno che dalla prigionia siberiana. Non ha una lira, grandi progetti di anarchia in testa, una piccola cerchia di discepoli intorno e un astio feroce per Mazzini e Garibaldi, secondo lui non abbastanza radicali nelle loro rivendicazioni. La principessa, piccolina, elegantissima, annoiata dall’inutile gran vita alla corte dello zar, insofferente delle tremende ingiustizie che, nonostante tutto, riusciva a intravvedere fuori dai suoi palazzi, con il pretesto della salute fragile di una delle sue bambine, se ne partì per l’Italia con i cinque figli e un seguito impressionante di persone di servizio, finendo per installarsi a Napoli.
I due si conobbero e scoccò la scintilla, quella particolare pericolosa scintilla alla base di un fuoco che difficilmente si spegne. Secondo il titolo del libro fu la principessa a incantare Bakunin, ma, a lettura conclusa, non ci si può non chiedere se, oltre all’intelligenza, alla passione e a una sia pure un po’ paradossale comunanza di intenti, a incantarlo non furono soprattutto le eccezionali disponibilità economiche della sua discepola e la generosità con la quale ella gli permise di attingervi. In cambio lui le concesse la patente di rivoluzionaria vera, cospiratrice per l’anarchia a tutti gli effetti.
Per dieci anni fu consentito alla principessa il pericoloso «gioco» che includeva una relazione d’amore (e un bambino) con uno dei più fedeli seguaci di Bakunin, poi lo zar Alessandro II ordinò al principe Obolensky di riportare in patria i figli e di richiudere la moglie in convento. Riuscì solo la prima parte dell’operazione, con i ragazzi letteralmente strappati dalle braccia della madre, che non li rivedrà per moltissimi anni. In più, naturalmente, le fu sequestrato l’ancora grande patrimonio.
All’epoca la vicenda fece tale rumore in Russia che ispirò a Tolstoj Anna Karenina . Poi la protagonista del romanzo prese il sopravvento sull’ispiratrice, e di Zoé ci si dimenticò. Lorenza Foschini, con passione e ostinazione, l’ha felicemente tratta da quell’oblio.