martedì 21 giugno 2016

Corriere 21.6.16
Christo
La sua ultima opera è presa d’assalto a Iseo
intervista di Francesca Pini

Per due giorni ha solcato il lago di Iseo a bordo di un’imbarcazione aperta, con sopra un’altana. Sembrava un ammiraglio che governasse le sue acque territoriali, mentre si godeva lo spettacolo di migliaia di persone plaudenti che scorrevano sulle passerelle del Floating Piers che collegano quattro punti del bacino (Sulzano, Monte Isola, l’isola di San Paolo e Sensole, fino al 3 luglio). «Macché ammiraglio! Corro da una postazione all’altra, devo essere al corrente di tutto, ogni giorno ci sono riunioni tecniche per capire il da farsi, e avere tutto sotto controllo», dice un infaticabile Christo che, in Italia, ha realizzato un’altra delle sue imprese artistiche (dopo Spoleto, Milano, Roma).
Lei parla sempre al plurale per non farci dimenticare Jeanne-Claude, la moglie scomparsa, l’altra metà del suo cervello.
«Questi progetti hanno segnato capitoli della nostra vita, tanto da ritornare a volte in certi luoghi. Nel 2007 andammo in Australia proprio dove avevamo realizzato la Wrapping Coast nel 1968-69».
Il lago di Iseo ha avuto la meglio sul Rio della Plata (un amico argentino, nel 1970, suggerì agli artisti di lavorare su quel fiume) e sulla Baia di Tokyo. The Floating Piers (uno dei 37 progetti nel limbo, ma accarezzato per decenni da Christo e Jeanne-Claude), ha generato un momento mediatico di carattere internazionale, seguito da webcam e postato all’infinito sui social.
Eppure lei non ha dimestichezza con questo mondo virtuale, The Floating Piers è un progetto altamente tecnologico ideato da un artista che non ha passione per la tecnologia.
«Non so guidare, non so far funzionare un computer, disegno con le dita! Sto nel mio studio 14-15 ore al giorno, ma da 50 anni faccio sempre le scale, non essendoci l’ascensore. Mi piace il movimento».
Davvero sorprendente che qui sul lago d’Iseo tutto sia stato deciso così rapidamente.
«Conosco molto bene la regione dei laghi lombardi, anche per esserci stato più volte con Jeanne-Claude, dopo averli rivisti tutti e aver fatto dei sopralluoghi, nel maggio 2014 ci siamo decisi: il posto ideale sarebbe stato Iseo. Volevamo un lago quieto, non come il Maggiore o quello di Como».  Test segreti furono però eseguiti nella Germania del Nord, in un lago privato nella proprietà di un collezionista. Un successivo saggio tecnico, molto importante, di carattere ingegneristico, venne poi fatto sul Mar Nero, nel 2015. La geometria gioca un ruolo specifico in questa opera site-specific . I visitatori si fermano ad ammirare un angolo acuto all’incrocio di due passerelle (Monte Isola/Sensole). Il paesaggio entra nella visuale del «quadro».
Le persone devono essere indirizzate per scoprire nuove prospettive della vita?
«Il progetto è disegnato secondo linee direttrici obbligate e questo è stato molto importante per contrastare la forma organica dell’isola. È interamente basato sul camminare (non solo sull’acqua ma anche sulla terraferma, nelle stradine di Monte Isola). Lungo le passerelle si produce un vero flusso energetico. Ed è un progetto molto fisico, non è come il nastro mobile degli aeroporti. Questi Piers fanno fare chilometri sull’acqua dove, oltretutto, diventa difficile misurare lo spazio. La gente ha come l’impressione che si tratti di una spiaggia. Come avrà notato, la passerella (molleggiata) non finisce ad angolo retto, i bordi sono leggermente inclinati verso l’acqua, difatti, lì il tessuto è sempre bagnato e diventa arancio scuro. La gente cammina però sempre entro la parte asciutta, ha paura di bagnarsi i piedi proprio come al mare... Il risultato di Floating Piers è che le persone si comportano in modo molto naturale».
Lei è riuscito a scollare la massa dallo schermo della tv e del computer facendola camminare, puntando al coinvolgimento dei sensi.
«Volevo agire sul desiderio e sulla curiosità delle persone. Qui non si è persi dentro una realtà virtuale, c’è vero sole, vero umido, vera pioggia, vero vento, non c’è la riproduzione di un’immagine appiattita».
Alcuni critici hanno subito bollato la sua opera, trattandola da fiera di paese.
«Non faccio questi interventi site-specific per essere popolare. Questa è arte non necessaria, che spesso importuna gli amanti dell’arte che preferiscono luoghi asettici o protettivi come le gallerie o i musei. Floating Piers ha tutto il carattere di un progetto urbano, ma non uso la tecnica per affascinare, ma solo perché necessaria all’opera. Abbiamo costruito qualcosa di semplice, ma per farlo siamo ricorsi a ingegneri che rendessero facile ciò che era molto difficile. Prendiamo in prestito uno spazio, creando un disturbo gentile e intrecciando la vita delle persone all’opera d’arte».