Corriere 16.6.16
No a un’immagine del corpo femminile a senso unico
E il sindaco di Londra mette al bando le pubblicità «malsane»
di Sara Gandolfi
Avanguardia
delle capitali europee, Londra mette al bando le pubblicità
«irrealistiche». Soprattutto quelle che mettono in crisi milioni di
ragazzine (e pure le loro mamme) condannate a sentirsi perennemente
inadeguate rispetto ai corpi magri, lisci, senza cellulite e smagliature
delle modelle da cartellone.
A farsi portavoce del diritto alla
normalità è il nuovo sindaco di Londra, il laburista anglo-pachistano
Sadiq Khan, che ha deciso di vietare qualsiasi immagine «non salutare»
lungo gli oltre 400 chilometri della metropolitana cittadina. Dal mese
prossimo, nelle stazioni della Tube non compariranno più annunci che
«spingono a conformarsi a forme del corpo irrealistiche o malsane». Il
sindaco ha pure dato una motivazione personale alla sua scelta: «In
quanto padre di due ragazze adolescenti, sono estremamente preoccupato
da questo tipo di pubblicità che può avvilire le persone, in particolare
le giovani, e farle vergognare dei propri corpi — ha dichiarato —. È
tempo che tutto ciò abbia fine».
In realtà, la questione era già
stata sollevata la scorsa estate allorché sui muri della Tube era
comparsa una gigantesca modella in bikini giallo che chiedeva alle
passeggere in attesa del convoglio: «Are you beach body ready?» (Pronta
alla prova costume?). L’australiana Renee Somerfield pubblicizzava un
integratore per perdere peso e in poche settimane ha raccolto più di 400
proteste formali, inviate alla Advertising Standards Authority. L’ente
di autodisciplina dell’industria pubblicitaria britannica (corrispettivo
dell’italiano Iap) decise di non procedere contro il poster di
ProteinWorld perché «non infrange le nostre linee guida».
D’ora in
poi, a vagliare i messaggi proposti alla «Transport for London» sarà un
comitato composto da pubblicitari e membri della società civile «che
riflettano la diversità di Londra». Basta immagini photoshoppate del
mondo, o cartelloni degni di un soft-porn. «Nessuno deve sentirsi
influenzato, quando viaggia sulla Tube o in bus, da aspettative
irrealistiche riguardanti il corpo», ha concluso Khan. Ogni anno sulla
rete dei trasporti pubblici della capitale britannica compaiono circa
12.000 annunci. Un mercato che, secondo le stime, genererà profitti per
1,5 miliardi di sterline (1,98 miliardi di euro) nei prossimi otto anni.
«I nostri clienti non possono semplicemente spegnere la tv o girare
pagina se una pubblicità li offende o li deprime: per questo abbiamo
l’obbligo di garantire loro un ambiente adeguato», ha detto Graeme
Craig, di «Transport for London». Una vittoria per l’«advertising
civile», ormai di moda anche fra le aziende. Come spiega Pasquale
Diaferia, creative chairman di Special Team e autore di spot italiani di
grande successo, da Nastro azzurro a Barilla: «In un’epoca in cui i
prodotti sono sempre più omologati, non fa più presa la pubblicità che
punta solo a qualità o bellezza, ma quella che comunica valori etici
condivisi». Tramontata l’epoca di «Roberta», lo slip che per oltre
vent’anni ha dettato le regole del posteriore femminile, a partire da
quello di una giovanissima Michelle Hunzinker, oggi il business prende a
modello la campagna «politically correct» di Dove. Invece di pin up
cyborg e photoshoppate, il brand di saponi nelle sue pubblicità sfoggia
donne normali e imperfettissime. «Il messaggio è semplice e vincente: il
tuo corpo non è inadeguato al mondo. il tuo corpo è il mondo», conclude
Diaferia, con un elogio a Sadiq Khan: «Ottima l’idea che siano i
sindaci, eletti dal popolo, a controllare le pubblicità nelle nostre
città».