Corriere 15.6.16
La macchina del tempo non si ferma mai
Dal futuro che si presenta sotto forma di sogno in Dickens alla trasmigrazione delle anime in Twain
fino alle serie distopiche di Veronica Roth e Suzanne Collins: una risorsa letteraria dai mille usi
di Francesco Gungui
Romanzi
ambientati in epoche diverse dal presente dell’autore ce ne sono sempre
stati. In un certo senso, leggere quei libri deve essere stato per il
lettore, e lo è tuttora, un’esperienza di viaggio nella quale il libro
stesso è la macchina del tempo. Quale sia stata l’ispirazione che ha
portato alla sua invenzione è la domanda che ci si pone a poco più di un
secolo dalla sua comparsa in letteratura.
Uno dei primi viaggi
nel tempo compiuti da un personaggio della letteratura è quello
raccontato da Charles Dickens in Canto di Na tale, che stabilisce uno
dei temi cardine del genere, sebbene in chiave sociale, psicologica ed
educativa: l’errore e le sue conseguenze. Per questa ragione Dickens non
può essere a pieno titolo considerato come il padre di una delle
invenzioni più care alla letteratura fantastica e, in particolare, a
quella per ragazzi. La macchina del tempo fa la sua prima vera
apparizione nell’omonimo libro La macchina del tempo di H. G. Wells del
1895, in cui uno scienziato britannico racconta di aver visitato il
mondo dell’anno 802.701 grazie a un mezzo di sua invenzione e di aver
conosciuto una civiltà divisa tra Morlocchi, terribili creature che si
sono evolute nelle viscere della terra, ed Eloi, esseri pacifici e
tranquilli, nei quali l’autore pare tratteggiare un’ultima eredità della
natura umana originaria. Dal libro sono stati anche tratti due film. Il
più recente, The time machine , è del 2002, diretto da Simon Wells,
pronipote dell’autore.
Tra i pionieri del genere va però citato
Mark Twain con Un americano alla corte di Re Artù del 1889, quindi di
poco precedente, che sfrutta un altro meccanismo per viaggiare nel
tempo, ovvero la trasmigrazione delle anime: qui il protagonista, un
cittadino americano, grazie alle conoscenze tecnologiche della civiltà
del XIX secolo da cui proviene, viene catapultato nell’anno 528 e viene
scambiato per un mago, un po’ come accade a Doc del film Ritorno al
futuro , quando, nel terzo episodio, finisce nell’anno 1885, nel vecchio
West, e però, più prudentemente, trova una copertura per le sue
attività e diventa un maniscalco.
Da due opere così differenti,
emerge però un’analogia e una certezza: modificare il passato è
pericoloso per il presente e le conoscenze del futuro possono avere
effetti imprevisti sulle civiltà del passato. Il potenziale narrativo di
questa semplice regola, in termine di espedienti e colpi di scena, deve
essere stato chiaro fin da subito a tutti gli autori che si sono
cimentati in questo tipo di storie.
Nel più recente Time Line di
Michael Crichton, un gruppo di archeologi riesce a tornare nel Medioevo
grazie a una macchina del tempo (il romanzo è del 1999, il film del
2003). E qui si sente bene l’influsso delle scoperte scientifiche più
recenti, dal momento che il viaggio avviene attraverso diverse
dimensioni del multiverso e quindi non propriamente lungo la linea
cronologica del nostro universo. Ma prima di capire come la scienza sia,
e soprattutto sarà, il motore propulsore di questo genere, bisogna
ripassare le formule di base, e quindi andare a rileggere libri come
Dottor Futuro di Philip Dick o La fine dell’eternità di Isaac Asimov.
Le
opere di questi autori stanno godendo di nuova fortuna grazie alle
riedizioni che sono seguite al revival delle fantascienza. Basti citare
un paio di titoli come Hunger Games di Suzanne Collins e Divergent di
Veronica Roth per capire di che si sta parlando: bestseller mondiali e
colossali produzioni cinematografiche. Su questo filone, ci sono poi tre
opere abbastanza recenti che, con la loro varietà di temi, esprimono
bene l’ampio ventaglio delle possibili declinazioni del tema.
Hyperversum di Cecilia Randall, in cui i protagonisti, giocando a un
videogioco ambientato nella Fiandra del 1213, rimangono intrappolati
nella realtà virtuale che osservano tramite dei classici visori 3D e
scoprono così di aver fatto un vero e proprio viaggio spazio temporale.
La
trilogia delle gemme di Kerstin Gier, dove il viaggio nel tempo è
ricollegato a un gene tramandato all’interno di una famiglia. Questo
gene, manifestandosi al raggiungimento di una determinata età, permette
il viaggio nel tempo e così la sedicenne Gwen si ritrova catapultata nel
passato e anche in un intrico di sentimenti come vuole la declinazione
romance di questo genere.
Infine Multiversum , la saga di Leonardo
Patrignani, basata sulla teoria dei mondi paralleli e che riporta
quindi il genere alla sua fonte di ispirazione, la scienza e la ricerca
che proprio in questi anni, sta offrendo numerosi nuovi spunti, ancora
poco sfruttati dagli autori. Le storie che esplorano altri universi,
altri pianeti simili alla terra, sfruttando il potenziale della moderna
tecnologia, devono in gran parte ancora essere scritte.
Ma qui
siamo andati lontani dal tema dell’articolo e lontano da quella che è la
fortuna della macchina del tempo anche in ambito scolastico perché, va
detto, i viaggi spazio-temporali sono anche il modo migliore per
studiare la storia o per approcciarsi a essa in maniera leggera e
giocosa. Qui i pionieri sono altri e forse non tutti sanno che la
macchina del tempo disneyana del professor Zapotec è un’invenzione di un
autore italiano, Massimo De Vita, che nel 1979 aveva appunto creato il
personaggio dell’archeologo, direttore del museo, che coinvolge Topolino
e Pippo in viaggi per risolvere i misteri della storia.
Nel caso
invece della fortunata serie di viaggi nel tempo di Geronimo Stilton,
l’obiettivo è ancor più chiaro: scoprire e visitare le grande civiltà
del passato: l’Antico Egitto, il Medioevo, il Rinascimento e così via.
Da
tutto ciò che si è scritto, emerge come la macchina del tempo
rappresenti il desiderio del lettore di partecipare a una storia vera. È
il patto con il lettore inserito nel libro, il principio di
verosimiglianza divenuto parte integrante della trama. E tanto più la
scienza conforterà le ipotesi di altri universi, pianeti e dimensioni
parallele cronologicamente sfasate, quanto più questi romanzi cesseranno
di essere storie fantastiche e si candideranno a romanzi realistici del
futuro. In fondo, la fantascienza non esiste. Serve solo un po’ di
pazienza.