giovedì 16 giugno 2016

Corriere 15.6.16
Omosessualità e Islam, cinque cose da sapere
Cosa prevede il diritto islamico per gay e lesbiche?
In che modo condiziona le leggi e la mentalità?
Il discorso sull’identità omosessuale è vivo nel mondo musulmano
di Viviana Mazza


«Noi americani musulmani dobbiamo essere più rigorosi nello sradicare l’omofobia dalle nostre comunità. Adesso. Oggi. Dobbiamo farlo ora, durante questo mese sacro del Ramadan, mentre lamentiamo l’uso della nostra religione per giustificare questi atti orrendi». A scrivere, su Facebook, è una giovane musulmana americana, Hebah Farrag. Dopo la strage di Orlando, la reazione tra gli americani musulmani sui social network è stata duplice: da una parte sottolineare che ci sono molti musulmani che considerano odiosi gli attacchi contro i gay come pure che l’omofobia esiste in ogni cultura; dall’altra parte poiché questo specifico attacco anti-gay è stato compiuto da un musulmano (il cui padre ha condannato la sparatoria ma ha aggiunto che «Dio punirà coloro che sono coinvolti nell’omosessualità»), c’è chi solleva la necessità di affrontare la questione dell’omofobia nelle comunità musulmane, in America e in Medio Oriente. E’ un dibattito già avviato in questi anni, soprattutto dalle comunità LGBT musulmane che si scontrano contro pregiudizi e leggi locali. E ci sono alcune cose da sapere e miti da sfatare su omosessualità e Islam.
1) Cosa prevede il diritto islamico? Nel discorso giuridico islamico si incontra il termine liwat, sodomia. Le punizioni possono essere diverse, a seconda delle diverse scuole giuridiche (lapidare, bruciare, frustare…): tutto questo, pur non trovando applicazione penale nella maggioranza dei Paesi del Medio Oriente (fanno eccezione Arabia Saudita, Iran, Pakistan, e alcuni altri), contribuisce comunque a creare un discorso dominante in cui l’omosessualità è una perversione, un crimine o una malattia da cui bisogna pregare di guarire per ottenere il perdono divino. Colpire gli omosessuali è una strategia che anche i governi laici del Medio Oriente usano per legittimarsi da un punto di vista religioso, mostrando di preoccuparsi della moralità e dell’islamicità del Paese, con un atteggiamento che ha a che fare più con forme di potere autoritario che con l’Islam.
2) L’impatto del colonialismo. Secondo una ricerca condotta nel 2014 dal Pew Research Centre , «la stragrande maggioranza delle persone nei paesi musulmani afferma che l’omosessualità dovrebbe essere rifiutata». Nella maggior parte del Medio Oriente gli atti omosessuali sono puniti dal codice penale. Questo non è dovuto necessariamente all’applicazione del diritto islamico, ma più spesso all’eredità delle leggi coloniali, specialmente della legge britannica, come in Giordania e nei territori palestinesi. In Egitto, per esempio - spiega Serena Tolino, esperta di studi di genere, sessualità e diritto islamico - pur non essendoci leggi che esplicitamente puniscano l’omosessualità o i rapporti omosessuali, negli ultimi anni ci sono stati diversi arresti e condanne alla detenzione. Gli omosessuali vengono di solito accusati di aver praticato «abitualmente prostituzione maschile» in base non al diritto islamico ma alle norme di una legge del 1961 derivata dall’armonizzazione tra il diritto penale egiziano, che è di derivazione francese, e il diritto internazionale, e nello specifico una Convenzione del 1949 contro il traffico di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione. Gli interpreti della legge egiziani hanno interesse a punire gli atti omosessuali e dunque forzano la legge del 1961 per finalità per le quali non era stata concepita. (Una relazione omosessuale stabile tra due uomini che si amano non dovrebbe essere oggetto di criminalizzazione in quanto l’elemento del «vendersi in modo indiscriminato» -necessario per una condanna per prostituzione abituale - non c’è). In questo non si rifanno al diritto islamico in quanto tale, che non trova comunque applicazione a livello penale in Egitto, quanto piuttosto ad esso come sistema di riferimento valoriale.
3) Il dibattito su atti e identità omosessuale. Oggi il dibattito su cosa significhi essere gay in Medio Oriente e cosa prendere o rifiutare del discorso Lgbt occidentale è vivo più che mai. Secondo Serena Tolino, esperta di studi di genere, sessualità e diritto islamico e autrice del libro «Atti omosessuali e omosessualità fra diritto islamico e diritto positivo» (Edizioni Scientifiche Italiane), tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo sono cresciuti i movimenti internazionali per la difesa degli omosessuali nei Paesi arabo-islamici. E’ in questo periodo che si è diffuso anche in questi Paesi il concetto di omosessualità come «identità» sessuale (con gruppi che cercano anche di conciliare il concetto di omosessualità e quello di Islam). Tolino spiega che è questo il momento in cui si è creata anche una forte reazione dei religiosi e dei tradizionalisti, che hanno cercato di opporsi creando un discorso anti-omosessualità. Insomma, fino ad allora, ciò che era stato criticato (anche nel diritto islamico) erano gli atti omosessuali (liwat) e non l’omosessualità. L’omosessualità come identità è diventata parte del discorso (anche religioso) solo di recente.
4) «La teoria dell’importazione». L’omosessualità viene presentata nel discorso religioso come un fattore esterno. Tanto nelle fatwa (le opinioni religiose degli esperti di diritto islamico) quanto nelle sentenze, vi è una rappresentazione dell’omosessualità come elemento esogeno. «Mentre guardando al passato il responsabile dell’importazione dell’omosessualità era visto come la Persia oppure la Grecia antica - sostiene Tolino - ora invece il responsabile è l’Occidente oppure Israele, cioè quello che viene rappresentato come “l’altro” per eccellenza».
5) E le donne? Nel diritto islamico, l’omosessualità femminile, per quanto condannata, è comunque trattata con una relativa indulgenza e, come ha scritto Abdelwahab Boudhiba nel suo «La sexualité en Islam»: «le donne che la praticano rischiano rimproveri simili a quelli della masturbazione, della zoofilia e della necrofilia». Insomma: «Un rapporto sessuale, anche se considerato contro natura perché non eterosessuale, può ancora essere tollerato -spiega Tolino – finché non entra in gioco la penetrazione, simbolo assoluto del potere maschile sul femminile. Ovvero finché non vengono messe in discussione le strutture di potere».


segnalato da Pietro Sabatelli