martedì 14 giugno 2016

Corriere 14.6.16
La terzina timida appassionata di Risiko che «tifava» Vendola prima dei 5 Stelle

Torino Al primo giorno di consiglio comunale rovinò la festa chiedendo di spegnere le videocamere che stavano immortalando l’ingresso in Sala rossa dei primi due neoconsiglieri di M5S. I pionieri torinesi del movimento fondato da Beppe Grillo si guardarono perplessi. Come era possibile che fosse stata eletta una candidata affetta da una timidezza così patologica al punto da impedirle di parlare?
La risposta è fornita da Marco Lavatelli, professione imprenditore e marito. «Era e sempre sarà la prima della classe, che studia tanto e cerca di emergere, vincendo un carattere, diciamo così, molto riservato». Chiara Appendino non è una pentastellata primigenia. Qualcuno la ricorda invaghita politicamente di Nichi Vendola, presente ai suoi primi comizi torinesi, e di certo ancora in casa Sel la considerano una compagna che sbaglia. Alla vigilia del Natale 2010 passeggiava in compagnia del futuro marito a Porta Palazzo quando si fermò al gazebo di M5S dove si teneva una assemblea aperta. Nel silenzio generale, alcuni attivisti erano chini da una decina di minuti su un grosso libro. Era il bilancio del Comune di Torino. «Se volete vi do una mano...», disse. Anzi, la frase fu pronunciata per interposta persona, da Marco. Cominciò così, quasi per caso.
La prima volta che andò a trovarla nella sua casa in collina per conoscerla meglio, il suo collega di consiglio comunale, l’ex candidato sindaco Vittorio Bertola, celò qualche perplessità davanti alla sua richiesta di farsi una partita a Risiko. «Aiuta a capire ed allena la mente», fu la spiegazione di Chiara. Nella villa di famiglia c’era una vera e propria sala dei giochi, con al centro un grande flipper americano, colorato e ancora funzionante.
Ma al netto della timidezza, Appendino non era una sprovveduta, e neppure una sconosciuta a Torino. Il padre Domenico è stato a lungo dirigente di Prima Industrie, l’azienda specializzata in macchinari laser creata da Gianfranco Carbonato, attuale presidente di Confindustria Piemonte. Chiara studia alla Bocconi, dove si laurea in finanza aziendale con una tesi su Gestione dei costi in una società di calcio: la valutazione del parco giocatori , omaggio alla sua grande passione. Fino ai 25 anni ha giocato a pallone, nel ruolo di terzino. Il tennis, invece, le è valso la conoscenza di Marco, incontrato su un campo in terra battuta. Si sposano presto, in chiesa, per convinzione di entrambi e non solo per omaggiare un antenato prete al quale è dedicata una via della città. Dopo un lungo stage alla Juventus, dove contribuisce a redigere il bilancio dell’unica stagione in serie B, Chiara si mette a lavorare nell’azienda del marito, erede di una società specializzata nell’oggettistica casalinga. Ma dura poco. È Marco a dirle di provarci. «Ancora non lo sai, ma sei fatta per la politica». Lei si fida. Il corso accelerato prevede Adriano Olivetti e la sua Comunità, e il meno ortodosso Roberto Mancini, filosofo e teorico dell’obbedienza solo alla felicità.
«Consigliera Appendino, lei sembra non sapere che qui a Torino abbiamo molti eventi culturali». «Sbaglia signor sindaco, io ci vado sempre». «Me se non la vedo mai». «Beh, lei sta sempre sul palco o in prima fila, io invece tra le persone normali». «Devo ammettere, consigliera, che a volte la trovo insopportabile». È una sera di febbraio del 2013, una discussione come tante sull’ordine del giorno. Paolo Giordana, dirigente del Comune di Torino, laurea in teologia, una delle persone più ascoltate all’interno di M5S torinese, prende nota. La ragazza timida è cresciuta in fretta.