Corriere 14.6.16
Nessuna protezione ai migranti economici
di Luigi Ferrarella
Ha
titolo per restare in Italia un migrante economico, che cioè adduca
esclusivamente il proprio stato di estrema povertà come ragione per non
poter essere rimpatriato? No, «il giudice non può intervenire in una
mate-ria coperta da discrezionalità legislativa» e «condizionata anche
da ragioni di bilancio», quale appunto «l’eventuale ampliamento del
fascio applicativo della protezione umanitaria». Contrordine in
Tribunale a Milano nel giro di pochi giorni? Non proprio, se mai è il
contrario, com’era in fondo già intuibile proprio dal minoritario
orientamento espresso una settimana fa dall’opposta sentenza del giudice
milanese Federico Salmeri, subito bersaglio degli strali dei leghisti
Matteo Salvini e Roberto Maroni, e perfino di una controversa richiesta
al Csm del membro laico di centrodestra Pierantonio Zanettin di aprire
una pratica di «incompatibilità» per il magistrato. Mentre Salmeri aveva
concesso protezione sussidiaria a un cittadino del Gambia a motivo
delle sue condizioni di povertà in quel Paese fra i più miseri del
mondo, ora la I sezione civile del Tribunale con una successiva
decisione torna subito a ribadire l’orientamento maggioritario che non
contempla protezione sussidiaria per il migrante economico. Lo fa nel
caso di un giovane che spiegava come, dopo che il padre e uno dei 7
fratelli erano stati uccisi dai militari mentre stavano lavorando al
confine con l’India, avesse deciso di lasciare il Paese per la perdita
della casa, data in pegno a una banca per un prestito di 400.000 rupie
(circa 4 mila euro) non onorato nei confronti di un datore di lavoro. Il
Tribunale, oltre a dubitare del racconto, osserva che comunque «si
versa nell’ambito di vicende squisitamente privatistiche, nel contesto
di relazioni sociali, lavorative, familiari o lato sensu parentali in
cui la fonte del presunto pregiudizio per il richiedente è
contestualizzata nell’ambito di un rapporto “orizzontale” tra soggetti
privati che esula dal fumus persecutionis» , il che «non può portare
all’accoglimento della domanda di riconoscimento dello status di
rifugiato, né di protezione umanitaria» rispetto al rischio di pena di
morte o di tortura. Resterebbe però la possibilità utilizzata dall’altra
sentenza nel caso del cittadino povero del Gambia, cioè la «protezione
sussidiaria» quando il Tribunale ravvisi nello straniero una concreta
condizione di «vulnerabilità». È vero — premette la linea del Tribunale,
controbattendo l’argomento della sentenza da cui si discosta — che «lo
Stato italiano si è impegnato a livello internazionale a offrire
supporto anche agli stranieri che versino in condizioni di grave povertà
e che dunque, in caso di rimpatrio nei loro Paesi, rischino di essere
esposti alla mancanza di sufficiente supporto per la fruizione di
diritti fondamentali». Ma «la specifica misura di sostegno
eventual-mente erogabile è rimessa alla discrezio-nalità del legislatore
statuale, dovendosi realizzare un bilanciamento costituzio-nale tra
differenti interessi enunciati nella Carta costituzionale e una scelta
discrezionale in merito ai livelli di priorità nella gestione delle
limitate risorse». È cioè «rimesso al legislatore ogni eventuale
intervento protettivo degli stranieri in condizioni di estrema povertà,
anche eventualmente estenden-do il fascio applicativo della protezione
umanitaria», e «dunque il giudice non può intervenire in materia coperta
da discrezionalità legislativa “condizionata” anche da ragioni di
bilancio», posto che «anche l’equilibrio di bilancio costituisce
principio costituzionale inderogabile».