Corriere 14.6.16
La nazione ferita dal terrore per la prima volta è disunita
di Massimo Gaggi
A
caldo, subito dopo la strage di Orlando, l’attacco a testa bassa contro
Barack Obama accusato di essere complice, forse addirittura
simpatizzante, del terrorismo islamico. Dopo la sortita di domenica,
culminata nella richiesta di dimissioni immediate del presidente, ieri
Donald Trump è tornato alla carica con quello che aveva annunciato come
un solenne discorso sulla politica estera da proporre agli Stati Uniti,
ma si è poi risolto in un attacco durissimo contro Hillary Clinton per
il suo rifiuto di chiudere le frontiere agli immigrati islamici.
Il
giorno dopo le stragi di terrorismo in ogni Paese c’è un momento di
solidarietà, di unità nazionale: si dimenticano le divisioni, si
stringono i ranghi.
È successo molte volte anche negli Stati
Uniti. Soprattutto dopo le stragi dell’11 settembre 2011, quando George
Bush, benché detestato dai democratici, ebbe il loro appoggio
incondizionato non solo per la protezione del territorio nazionale, ma
anche per le leggi speciali (il Patriot Act) e le offensive militari in
Afghanistan e, poi, in Iraq.
Non stavolta. Non con la scena
dominata da un nuovo leader, un miliardario populista che rifiuta ogni
regola di correttezza politica e non ha rispetto per le istituzioni.
Anzi le considera incapaci e corrotte. Trump ha espresso solidarietà
alla comunità dei gay, ma lo ha fatto soprattutto per dare più forza al
suo comizio contro la cultura islamica e al suo proposito di bloccare
l’ingresso dei musulmani negli Stati Uniti. Con la consueta retorica
rozza ma capace di convincere almeno una parte dell’elettorato, il
candidato repubblicano ha accusato la Clinton di essere solo a parole
dalla parte delle donne e della comunità Lgbt, gli omosessuali. Mentre
poi, nei fatti, lascia che in America arrivi gente proveniente da Paesi
nei quali i gay vengono trucidati, addirittura gettati dalle sommità dei
palazzi mentre le donne vengono ridotte in schiavitù: «Un’orrenda
versione del cavallo di Troia».
Non servono i richiami alla
moderazione di chi gli fa notare che se, all’inizio del secolo scorso,
qualcuno avesse cercato di bloccare l’immigrazione dall’Italia
sostenendo che tutti gli abitanti della Penisola sono mafiosi, oggi
l’America sarebbe un Paese diverso. Trump tira dritto e cavalca la
strage di Orlando: Omar Mateen era un cittadino americano, nato negli
Usa? Nessun problema per il leader che va ancora più indietro sostenendo
che l’errore è stato consentire al padre di immigrare dall’Afghanistan:
«È un simpatizzante dei talebani, ha pure cercato di diventare
presidente a Kabul, ma il problema riguarda quel Paese nel suo
complesso: secondo l’indagine del Pew Research Center il 99 per cento
degli afghani è a favore della “sharia”, la legge islamica contraria ai
diritti più elementari. E allora chiedo: chi difende di più donne e gay,
Hillary con le sue dichiarazioni permissive o io con i fatti?».
Le
sortite rabbiose dell’immobiliarista di New York spezzano il clima di
cordoglio e anche di riflessione critica dopo la strage di sabato notte.
I
leader conservatori fino all’altro giorno avevano inveito contro i
matrimoni tra omosessuali e avevano cercato di bloccare le nuove norme
che danno a queste minoranze il diritto di entrare nei bagni pubblici
sulla base del loro orientamento sessuale. Adesso anche i politici più
ostili alla comunità Lgbt come il senatore Ted Cruz, fanno marcia
indietro.
A lacerare il clima di unità nazionale, oltre a Trump,
contribuiscono anche alcuni parlamentari democratici, soprattutto quelli
del Connecticut, lo Stato della strage dei bimbi della scuola di
Newtown: accusano la maggioranza repubblicana del Congresso di
corresponsabilità nelle stragi che funestano l’America per il «no» a
misure restrittive anche sulla detenzione delle armi più micidiali,
quelle da guerra.
Ma non ci sono spazi politici per un cambio di
rotta, oggi in America. E la sortita democratica rischia di diventare un
assist per Trump: «Non solo vogliono far entrare gente pericolosa:
vogliono anche disarmarci lasciando i fucili solo ai cattivi».