sabato 11 giugno 2016

Corriere 11.6.16
Francia
Tensione sociale e una crisi profonda Il Paese diviso in due non si godrà la festa
di Massimo Nava

Alla fine della giornata inaugurale degli Europei, gli incidenti di Marsiglia, con le solite provocazioni degli hooligans, sembrano poca cosa rispetto ad apprensioni e scongiuri che accompagneranno tutto il torneo. La Francia, almeno ieri sera, era in festa e da oggi coltiva la speranza che un nuovo successo di una nazionale multietnica e multiculturale, dopo il Mundial del ‘98, faccia dimenticare la drammatica sommatoria di problemi sociali e politici che attanaglia il Paese, dalla crisi delle periferie all’emergenza terrorismo, dallo scontro sindacale alla crescita dei sentimenti antieuropei, xenofobi, ultranazionalisti. Ma, al di là del valore della squadra, sicuramente forte e favorita, difficilmente le magie di Pogba e compagni basteranno a riportare il sereno, per quanto sia encomiabile lo sforzo fin qui compiuto per garantire sicurezza, efficienza, libertà di movimento e divertimento, che sono poi gli ingredienti indispensabili di una festa sportiva. La crisi è profonda ed evidente nella narrazione quotidiana degli avvenimenti. Gli Europei cominciano nel ricatto dei sindacati, soprattutto nel settore dei trasporti pubblici, da settimane in lotta contro il provvedimento di riforma del mercato del lavoro, che non hanno accettato una tregua nemmeno nei giorni del grande calcio. Anzi, l’appuntamento sportivo è diventato merce di scambio per ottenere di più e tenere in ostaggio cittadini e tifosi, al punto che il governo si prepara a eccezionali misure di requisizione e precettazione. La tensione sociale e sindacale mette a dura prova l’imponente apparato di sicurezza in un Paese colpito al cuore dall’offensiva terroristica che, proprio per la festa sportiva, avrebbe voluto riaprire serenamente le braccia al turismo e che, per garantirla, deve schierare quasi centomila poliziotti e soldati. Ma lo scontro sindacale è anche metafora di un Paese profondamente diviso, di due «France» in cui i valori di riferimento, le aspirazioni, i bisogni non sono più gli stessi. C’e la Francia che raccoglie la sfida della competitività, che vuole stare in Europa, che continua a vantare primati economici e scientifici. E c’è una Francia statalista, burocratica, iperprotetta e assistita che non vuole mettere in discussione nulla e affida la difesa di un modello costoso e obsoleto a un sindacato corporativo e minoritario. Lo Stato francese sta diventando il problema dei problemi anziché la soluzione, anche perché non riesce più a garantire il «quarto stato» dei poveri, degli immigrati, dei disoccupati, dei precari, di quanti non si sentono più protetti e nemmeno rappresentati. Anche il «quarto stato» in queste notti colorate e luminose affollerà gli stadi, si esalterà per un gol, sventolerà il tricolore e canterà la Marsigliese, ma l’euforia non sempre riuscirà a nascondere o a reprimere la voglia di fischiare, come già avvenuto in passato, o più semplicemente la sensazione che, dopo il calcio e al di là del calcio, i valori della Francia non sono più riconoscibili né riconosciuti da tutti i francesi.