venerdì 10 giugno 2016

Corriere 10.6.16
Venerdì 10 Giugno, 2016
I dem partenopei e lo spettro lanciafiamme
Le inchieste, il crollo di voti e iscritti ora un terzo commissariamento
Dal caso Ischia al Pd regionale tutti i focolai che alimentano la crisi
di Marco Demarco

No, non erano «babberíe», come con nonchalance espressa in dialetto dell’agro nocerino sarnese diceva Vincenzo De Luca. Non erano sciocchezze i fatti di Napoli, quelli delle ultime primarie, finite con Bassolino fuori e furente, e con i video dei brogli a produrre indignazione sul web. Così come non potevano essere babberíe i troppi casi di opacità elettorale di cui ora si occupa la magistratura salernitana: dalle urne insaccate di schede prevotate agli elettori pagati con monete del Bingo.
Se fossero state babberíe, se fossero state quisquilie e pinzillacchere, come diceva Totò, Renzi non avrebbe dichiarato, nella prima conferenza stampa dopo il voto di domenica, che «Napoli è il baco» del Pd; che lì «nulla ha funzionato» e avrebbe inviato un commissario. Né avrebbe aggiunto che a Napoli sarebbe andato lui stesso col lanciafiamme. Cioè con un’arma usata nella Grande Guerra, micidiale al punto da essere ancora citata a evocare punizioni infernali e assolute.
Renzi si avvicinerà a Napoli domani mattina. Sarà a Marcianise, a pochi chilometri di distanza, in visita alla Getra di Marco Zigon, azienda modello che esporta in tutto il mondo trasformatori elettrici di alta potenza: un pezzo dell’Italia che piace e produce. Ma non sarà questa l’occasione per allungarsi fino al capoluogo e incenerire i sabotatori del partito rinnovato, gli odiati notabili e signori delle tessere. Se ne riparlerà dopo i ballottaggi.
A Napoli, però, circola una battuta. «Qui il lanciafiamme contro il Pd lo hanno già usato gli elettori», dicono i superstiti di un partito che in teoria raccoglie l’eredità politica e culturale di Amendola e Chiaromonte, oltre che dei grandi della Dc. E infatti il Pd è all’11%, meno di cinque anni fa, quando de Magistris sventolò per la prima volta la bandana della vittoria. Un partito che si è ridotto a poco più di 2.500 iscritti; che non vince elezioni locali da dieci anni: dalla riconferma della Iervolino; e che è stato umiliato domenica con l’esclusione di Valeria Valente dal ballottaggio. Un partito superato da «Dema», la lista-movimento del sindaco uscente; e sconfitto anche nella circoscrizione di Bagnoli, dove è scattato il commissariamento governativo dell’area ex Italsider e dove è maturata l’idea antagonista della «derenzizzazione» di Napoli. Un partito — e siamo alla cronaca battente — ora macchiato da un’inchiesta per voto di scambio, ancora alle prime battute, certo, ma dove lo scambio pare sia l’apprendistato paventato dal piano «Garanzia giovani».
Il problema, allora, è perché Renzi — al di là degli accertamenti giudiziari — non sia intervenuto prima. Prima, quando a Ischia il sindaco Giosi Ferrandino è stato arrestato (e poi rimesso in libertà) per tangenti legate alla metanizzazione dell’isola; quando a Casavatore il capogruppo Salvatore Silvestri è stato indagato per voto di scambio con l’aggravante del metodo mafioso; quando alla Regione due collaboratori di De Luca sono finiti sotto inchiesta per vicende legate alla legge Severino (Nello Mastursi) e alle nomine sanitarie (Enrico Coscione); e un terzo (Franco Alfieri) — indagato quando era sindaco di Agropoli e perciò fatto fuori dalle liste regionali — è stato ricompensato con una consulenza per l’agricoltura. O quando è scoppiato il caso forse più clamoroso, quello di Stefano Graziano, il presidente del Pd campano, sotto inchiesta, dicono i pm, perché chiedeva sostegno elettorale ai boss in cambio di appalti. «Siamo su un burrone politico morale», dice Bassolino. Ma è quello che dieci anni fa, in piena emergenza rifiuti, dicevano a lui i dirigenti nazionali del partito.
Da allora il Pd napoletano è stato commissariato due volte: con Enrico Morando, nel 2009, quando litigarono la sindaca Iervolino e l’ex ministro Nicolais, e la prima registrò a sua insaputa il secondo; e nel 2011 con Andrea Orlando, dopo primarie disastrose (e annullate) che nulla insegnarono per il futuro. In una Napoli dove tutto si ripete come in una giostra o in un loop , è ora in arrivo il terzo commissario. Sarà lui, come un ardito del Regio esercito italiano, a reggere il lanciafiamme del segretario.