venerdì 10 giugno 2016

Corriere 10.6.16
Il voto ha spazzato via le comparse e i dilettanti
di Antonio Macaluso

I vincitori, certo. E gli sconfitti, naturalmente. Ma anche gli sconfitti sconfitti. Quelli che hanno perso due volte: perché recidivi, o famosi o parenti di famosi, perché vanitosi, perché politicamente esauriti come cialde di caffè usate. È a loro che, con malcelato senso di liberazione, viene da pensare come uno degli effetti benefici del voto amministrativo di domenica. Candidati e sponsor di candidati che forse (speriamo) non rivedremo mai più sul palco — ancorché periferico — della politica.
La lunga, devastante crisi economica, sociale, politica, di valori, ha fatto venir meno la voglia di scherzare sulle cose serie, ci ha irritati, esasperati, spaventati, ridimensionati, ed è evidente che il voto del 6 giugno è espressione di tutti questi stati d’animo. Che si sia andati a votare credendo in un progetto politico o solo per esprimere protesta, disagio, alcuni segnali sono comunque arrivati forti e chiari.
Ad esempio: la gente, gli elettori, sono stanchi di chi ritiene di poter prendere voti solo perché ha giocato discretamente a pallone — vedi il flop di Daniele Massaro — ha partecipato a qualche programma televisivo — l’ex gieffina Roberta Beta ha incassato due voti (di chi sarà il secondo?) — di parenti di — il nipote di Aldo Biscardi non è andato oltre i 13 consensi — e così via. Neanche il Nobel della grande Rita Levi Montalcini è riuscito a moltiplicare i voti della nipote. Una bella lezione, un repulisti igienico.
Poi, ci sono i politici in disarmo, che provano ora a candidarsi, ora a sostenere qualcuno. I risultati sono spesso tristi, grotteschi. A Roma, Alessandra Mussolini ha raccolto 1475 voti, a dispetto delle molte comparsate televisive. Di recente ha aperto una pizzeria insieme al marito. Il risultato non lascia molti margini di dubbio sulla futura strada da imboccare... Al suo ex collega di partito, nonché ex governatore del Lazio, Francesco Storace, è andata anche peggio con 813 voti. I ristoratori indiani, minacciati di chiusura in caso di vittoria, hanno fatto festa. E non sono stati i soli.
Bisogna però ammettere che almeno Mussolini e Storace ci hanno messo la faccia. Peggio è andata agli «strateghi», agli sponsor come Fini, Alemanno, Polverini, Tajani, tutti convinti assertori del successo di Alfio Marchini (invero, assai più consapevole della situazione). Non hanno capito niente di quello che si muoveva nel ventre di una Roma che si è buttata nelle braccia di Beppe Grillo.
Altra categoria: i tafazzisti rossi, i «compagni che sbagliano» (da parecchio tempo, ormai). Per tutti, il quartetto Airaudo-Fassina-Martelloni-Rizzo. A parte il penultimo, che a Bologna ha incassato un 7%, gli altri non sono arrivati al 5% , hanno penalizzato i candidati del Pd ma, soprattutto, hanno dato l’impressione di non avere le idee chiare. Per dirla con Airaudo, «lo spazio c’è ma bisogna costruire una proposta credibile». E ha davvero ragione perché nelle proposte che si sono sentite da quelle parti, di credibile, realizzabile, non c’è molto. Il sol dell’avvenire appare lontano anni luce se chi deve convogliare le masse di insoddisfatti ha il volto vendicativo di Stefano Fassina o del sindacalista (che resta un altro mestiere) di Giorgio Airaudo. Sentire Fassina che sibila a Giachetti (ma con l’odiato volto di Matteo Renzi, quello dell’indimenticato «Fassina chi?») «al ballottaggio votiamo scheda bianca», sa di «tanto peggio, tanto meglio». E per quanto con il suo modesto 3,5% se la voglia tirare, meglio allora Basilio Rizzo: «Sala il nostro voto dovrà meritarselo».
A leggerlo così, il voto appena passato, vien quasi nostalgia di quei bei duelli politici della vituperata Prima Repubblica o dei primi anni della Seconda. Speriamo almeno che questo 6 giugno serva a liberarci definitivamente da quella parte del passato e del presente che non hanno futuro.

«quelli di Sel difficilmente seguiranno l’indicazione di dare «scheda bianca». Anche perché, nei territori, Pd e Sel hanno continuato a governare insieme e spesso candidati «rivali» al primo turno stanno in realtà nella stessa giunta. È il caso del III (Montesacro) dove Paolo Marchionne (che se la vede con la grillina Roberta Capoccioni, braccio destro di Roberta Lombardi) dovrebbe avere l’appoggio della sua attuale vicepresidente Gianna Le Donne e del XV, dove la vendoliana Michela Ottavi è ancora assessore al sociale con l’uscente (e ora al ballottaggio) Daniele Torquati. E possibili accordi (oltre all’VIII, che trattiamo qui sotto) possono esserci sul IV, V e XI Municipio. Ipotesi che mette in fibrillazione Fassina: “Spero siano notizie infondate. Il nostro simbolo è indisponibile per ogni tipo di apparentamento”».
dall’articolo di Ernesto menicucci sul Corriere di oggi