Repubblica Cult 8.5.16
La vita sognata di Romain Gary
di Anais Ginori
Quando
si spara un colpo in bocca, Romain GaryRomain Gary lascia un
bigliettino nella casa rue du Bac: «Nessun rapporto con Jean Seberg. I
patiti di cuori infranti sono pregati di rivolgersi altrove». È il 2
dicembre 1980, quindici mesi dopo la morte dell’attrice americana icona
della Nouvelle Vague. Chissà se lo scrittore lo pensava veramente o
tentava solo di riscrivere – un’ultima volta – la sua tormentata
biografia: immigrato da Vilnius, eroe della Liberazione, diplomatico
cosmopolita e mondano, romanziere vincitore di due Goncourt, di cui uno
sotto pseudonimo (Emile Ajar). Il sipario di apre e si chiude, la verità
sfugge.
«A rombu di sunnià a so vita, ellu diventò u sonniu di a
so vita», dicono in Corsica a proposito dei romanzieri. Gary ha passato
così tanto tempo a immaginare la propria vita che ne è diventato il
sogno, come racconta Ariane Chemin nello struggente omaggio Mariage en
douce appena pubblicato dall’editore Equateurs.
La giornalista di
Le Monde ha ricostruito il matrimonio di Gary e Seberg organizzato quasi
fosse un colpo di Stato il 16 ottobre 1963 nel paesino corso di
Sarrola. Grazie alla complicità dei servizi segreti francesi, la diva
venuta da Marshalltown e l’ambasciatore- scrittore riescono a convolare a
nozze senza paparazzi, depistando Hollywood e i salotti parigini, con
pochi, fidati testimoni. Nello svelare per la prima volta, oltre mezzo
secolo dopo, il retroscena di questa cerimonia clandestina, avventurosa
ma già velata di malinconia, Chemin indaga anche il mistero di una
passione divorante, terribilmente letteraria, e di cui l’epilogo saranno
due suicidi.