Repubblica 8.5.16
Il pugno chiuso alzato inchiesta a West Point sulle cadette nere
Una foto ispirata al “Black Power” e a “Black Lives matter” finisce sul New York Times. E loro: “Imitiamo Beyoncé”
di Arturo Zampaglione
NEW
YORK. La direttiva numero 1344 del Pentagono parla chiaro: è vietato ai
membri delle forze armate americane di condurre attività politiche
mentre indossano l’uniforme. Eppure 16 cadette afroamericane di West
Point, l’accademia della élite militare, si sono fatte fotografare in
grande uniforme e con il pugno alzato. Perché? Era solo una innocente
espressione di orgoglio e solidarietà? Un gesto “alla Beyoncé”, secondo
l’interpretazione benevola di Mary Tobin, una ex cadetta che conosce
molte delle protagoniste dell’immagine? Oppure quei pugni alzati, come
usava un tempo tra le Black Panthers, le Pantere nere, erano un modo di
schierarsi al fianco di Black Lives Matter, il movimento di protesta
nato due anni fa dopo l’uccisione di tanti giovani neri da parte dei
poliziotti bianchi?
Rimbalzata su Facebook e Twitter, e finita
ieri sulla prima pagina del New York Times, la foto delle cadette ha
aperto una violenta polemica dentro e fuori le forze armate. Il generale
di brigata Diana Holland, che è la prima donna a comandare West Point
nei 214 anni di esistenza dell’accademia, ha subito ordinato
un’inchiesta. Se le ragazze saranno ritenute colpevoli, rischieranno di
essere punite con un richiamo o addirittura con l’espulsione, rovinando
così per sempre, e a pochi giorni dalle cerimonie finali dei quattro
anni dell’accademia, la loro carriera.
Ma perché tanto chiasso (e
tanto accanimento)? La foto appare quasi banale. Vestite di grigio, con i
giubbetti costellati di bottoni e le spade, le cadette erano in posa
davanti a un vecchio edificio della fortezza di West Point per una “Old
Corps photo”, come vengono chiamate quelle immagini tradizionali dal
sapore ottocentesco. Decine di migliaia di aspiranti-ufficiali si sono
fatti ritrarre in quel modo: è una sorta di tradizione. Ma nessuno era
mai stato immortalato fino ad ora con il pugno alzato.
«Mentre ero
in servizio ho punito molti soldati che facevano il saluto nazista: il
gesto delle ragazze non è molto diverso», dice John Burk, un ex-sergente
che ha combattuto in Iraq e si è trasformato in blogger. «Si sono di
fatto identificate con i militanti di Black Lives Matter che spesso
auspicano la morte di poliziotti bianchi. Ognuno ha il diritto di avere
le sue opinioni, ma non è giusto che vengano espresse quando si indossa
un’uniforme».
Per il momento le 16 sono rimaste zitte per evitare
ulteriori polemiche. Fanno però sapere che il loro era un gesto quasi
scherzoso e ricordano che il pugno è anche un simbolo della cultura pop.
L’episodio
rischia comunque di avere ramificazioni più ampie, scoraggiando molte
giovani afro-americane a entrare a West Point. L’accademia, che è a una
ottantina di chilometri a nord di New York, sul fiume Hudson, ha aperto
per la prima volte le porte alle donne-soldato nel 1976. Ancora adesso
il 70% dei cadetti sono uomini e le ragazze nere sono pochissime: in
teoria, a completare a fine maggio i quattro anni di corso, saranno solo
in 17, comprese le 16 della foto.