Repubblica 7.5.2
Nilgun Cerrahoglu, La corrispondente di Cumhuriyet In Italia
“Il potere vuole demolire la Turchia dei laici”
“È in atto il tentativo di archiviare Ataturk per questo attaccano il nostro giornale: è un simbolo”
Intervista di M. Ans.
«QUESTO
è un incubo, un giorno nero per il giornalismo turco. Non
dimentichiamoci che la scorsa settimana altri due colleghi del nostro
giornale, Ceyda Karan e Hikmet Cetinkaya, sono stati condannati a due
anni di prigione per le vignette pubblicate in solidarietà al
settimanale francese Charlie Hebdo.
Adesso arriva la condanna pure
al nostro capo redattore e al direttore, subito dopo i colpi di pistola
contro di lui. Ci sentiamo veramente sotto assedio». Sono 30 anni che
Nilgun Cerrahoglu, una delle migliori e più spigliate giornaliste
turche, vive in Italia. E per tutto questo tempo, prima come
corrispondente ora come opinionista di Cumhuriyet,
che in lingua
turca significa “repubblica”, ha raccontato il nostro Paese. Ma adesso
tocca a lei, autrice di tre libri, dire che cosa sta accadendo non solo a
Istanbul, ma proprio dentro il suo giornale, che appare letteralmente
sotto l’attacco del potere nelle mani dei conservatori di ispirazione
religiosa.
Perché ce l’hanno con voi?
«Perché considerano
Cumhuriyet il paladino dell’opinione laica in Turchia, come in effetti
è, a dispetto della tiratura modesta, 50-60mila copie al giorno. Ma il
suo impatto politico è forte, e porta il nome della Repubblica voluta da
Ataturk, il fondatore della Turchia moderna».
Che cosa vogliono?
«Chiudere
questo periodo di Repubblica laica, di cui Cumhuriyet è simbolo e
memoria storica. Essendo un quotidiano molto importante è ogni giorno
sotto assedio. Soprattutto dopo il nostro scoop sulla fornitura di armi
inviate verso la Siria e protette dai servizi segreti turchi, causa
dell’accusa contro Can Dundar ed Erdem Gul».
Prima il vostro
direttore portato in carcere per 92 giorni, poi liberato, ora condannato
a 5 anni benché a piede libero. Cos’altro può accadere?
«Dundar e
Gul andranno in Cassazione. Dopo si vedrà. Ci auguriamo che si decida
per la loro non colpevolezza e la piena libertà. Anche se, in queste
condizioni, è tutta una situazione molto deprimente ».
Accuse, minacce, pressioni. Come riuscite a lavorare?
«In
questo momento tutti i giornalisti in Turchia si sentono sotto
pressione. Ma teniamo duro. In un solo anno ci sono stati ben 2mila casi
di persone chiamate a processo per insulto al Presidente della
Repubblica. Erdogan non è il primo Capo dello Stato turco. Ma non era
mai successo prima: né con Demirel, né con Sezer, né con Gul».
Quando
il vostro direttore ha detto, a proposito degli spari, “i responsabili
sono quelli che mi hanno fatto diventare un bersaglio”, a chi si
riferiva? Molti hanno pensato a Erdogan, che aveva detto che Can
l’avrebbe “pagata cara” quando fu liberato dall’Alta Corte.
«Beh… mi pare chiaro”.
Questa situazione di conflitto continuo non danneggia il dialogo vitale oggi tra Turchia ed Europa?
«C’è
una situazione di emergenza da noi che sta contagiando l’Europa. Basti
pensare a cosa è successo con la Germania dopo la presa in giro di
Erdogan da parte del comico Boehmermann. Ma se questa pressione arriva
fino in Germania, si può ben capire che cosa stiamo provando noi ora in
Turchia».