La Stampa 7.5.16
Kim: il nucleare è la nostra forza
Il
“Brillante leader” inaugura il primo congresso del Pc dal 1980 e si
auto-celebra Gli Usa pronti a dispiegare nuovi missili. Per Putin “è una
minaccia inaccettabile”
di Cecilia Attanasio Ghezzi
«Abbiamo
ottenuto risultati senza precedenti», così Kim Jong-un ha aperto il
Congresso dei lavoratori, il settimo del regime nordcoreano. L’ultimo si
era svolto nel 1980, il «Brillante leader» non era ancora nato. Se ne è
avuta notizia solo in serata dalla televisione di stato Kctv. Un
silenzio carico di domande aveva caratterizzato le dodici ore
precedenti. Ai cento giornalisti stranieri invitati al «congresso e al
principio di una nuova era» non è stato permesso di entrare nella Casa
della cultura del 25 aprile dove erano riuniti i circa tremila delegati
del Partito e, come era chiaro da tempo, nessuna delegazione straniera è
stata invitata. In un discorso di 15 minuti, Kim Jong-un ha ribadito
come il nucleare e il lancio dei missili a lungo raggio siano «la prova
della forza della Corea del Nord». Per questa sua politica è stato
condannato unanimemente, ma con dei distinguo. Gli Usa si stanno
accordando per il dispiegamento di uno dei sistemi antimissile più
avanzati al mondo nel territorio della Corea del Sud; una «minaccia» che
Russia e Cina non accetterebbero mai. Putin ieri lo ha affermato
chiaramente.
Con tutti i condizionali dovuti all’assenza di
informazioni che caratterizza la Corea del Nord, gli analisti sono
finora concordi nell’interpretare questo congresso come la
formalizzazione del passaggio da una dittatura marxista-leninista a una
di stampo dinastico. Il padre di Kim Jong-un, il «Caro leader» Kim
Jong-il, era a sua volta il delfino del nonno, nonché fondatore della
Repubblica democratica popolare di Corea, il «Grande leader» Kim
Il-sung. Non si capirebbe altrimenti la necessità di indire un congresso
a 36 anni dall’ultimo. Ma siamo di fronte a uno dei Paesi più chiusi al
mondo, non è facile interpretare quello che succede. Di sicuro, il
«successo» dei quattro test nucleari, due dei quali sotto l’attuale capo
di Stato, sono tra le poche cose che il Partito può celebrare. Un
quinto test appare imminente.
Quando nel 2011 il più giovane dei
Kim è salito al potere, in molti avevano ipotizzato che sarebbe stato
solo un fantoccio nelle mani di personalità più navigate. Non è stato
così. Nel tentativo di ricompattare a suo favore le élite del potere,
Kim è riuscito persino a far condannare a morte suo zio Jang Sung-taek,
tra l’altro l’interlocutore per eccellenza con l’unico «Stato amico»
rimasto: la Repubblica popolare cinese. Per il momento è evidente la
scelta della «linea byungjin» ovvero la corsa al nucleare e allo
sviluppo economico. Ma il «Brillante leader» deve confrontarsi con un
Paese che non se la passa bene.
Un rapporto della Fao sottolinea
che in Corea del Nord oltre dieci milioni di persone sarebbero
malnutrite. Un numero probabilmente destinato ad aumentare in
conseguenza delle sanzioni internazionali che sono seguite ai test
nucleari. Ma il giovane Kim non teme l’isolamento. Anzi. Forse è proprio
questa la linea che lo riporta alle radici famigliari: l’affermazione
dell’autarchia, la convinzione che le masse nordcoreane possano da sole
essere «artefici della rivoluzione e della ricostruzione» del loro
Paese.