sabato 7 maggio 2016

Corriere 7.5.16
Kim e l’elogio della Bomba
di Guido Santevecchi

Eccoci davanti a un brutto palazzone grigio che i nordcoreani chiamano Casa della Cultura. Sulla facciata le gigantografie di Kim Il Sung, fondatore della Repubblica, e del figlio Kim Jong-il, entrambi defunti. Sono le 10 del mattino e all’interno Kim Jong-un, 33 anni (forse, perché la data di nascita è uno dei molti misteri statali) sta tenendo il discorso d’apertura del Congresso del Partito dei Lavoratori, che non veniva convocato da 36 anni. Una delle poche cose che si possono affermare con sicurezza sul Paese più isolato del mondo è che al suo leader piace l’imprevedibilità. Per settimane la propaganda di Pyongyang aveva preparato il popolo e il pianeta a un grande annuncio di Kim davanti ai 3500 delegati del Congresso.
Ma invece di trasmetterle in diretta, fino a notte nessuna parola del leader era stata diffusa. La tv di Stato, al posto dell’evento, ha mandato un vecchio film sulla guerra anti giapponese, concerti di bambini con chitarre e fisarmoniche, documentari, inni patriottici e tre notiziari senza la notizia. Kim Jong-un avrà avuto le sue ragioni per temporeggiare. La tv è stata autorizzata a diffondere il discorso solo alle 10 di sera, con una dozzina di ore di ritardo, quando i nordcoreani di solito hanno già spento la luce .
Kim, in gessato scuro extralarge, ha parlato per una decina di minuti, suscitando applausi frenetici in sala. La durata delle ovazioni ha superato quella di un discorso che non sembra epocale.
L’illusione di una svolta l’avevano data i nordcoreani che ci hanno accompagnati (scortati) alla Casa della Cultura, accanto alla smisurata stele posata su due archi dedicata all’Eterno Presidente Kim Il Sung. Le aperture alla stampa straniera si sono fermate qui, a duecento passi dall’ingresso: non ci è stato consentito di entrare, solo di restare nella piazza per un paio d’ore.
C’era un discreto movimento di abitanti di Pyongyang, che passavano o si erano radunati su una collinetta, non si è capito se più per interesse verso il congresso o per godersi la novità della presenza di giornalisti e tv venuti dall’estero. Diversi, quando abbiamo cercato di avvicinarli, si sono voltati e sono scappati via. Ma alcuni si sono fermati, prima con sguardi duri, poi compiaciuti del nostro interesse e finalmente sorridenti. Choi Siwon, conducente d’autobus: «Il Congresso? Io ho un amore enorme per il Partito e il Rispettato Maresciallo Kim ama il suo popolo, quindi annuncerà sicuramente qualcosa di grande per la gente». Più articolato Jong Song Nam, studente di IT, 19 anni: «Dopo 36 anni dall’ultimo Congresso il popolo è molto cambiato, ma l’entusiasmo è lo stesso»; «l’America? Uhm, ha diviso il nostro Paese in due, l’unico modo di fare la pace sarebbe il loro ritiro completo dal Sud»; «le nostre armi nucleari? Sono orgoglioso, gli americani ci hanno sempre minacciato, ora invece possiamo difenderci e raggiungere grandi obiettivi per l’economia». Li Ok Mi, casalinga di 40 anni sta andando a fare la spesa: «Comprerò uova, le farò semplici, bollite. Vorrei decisioni per migliorare la vita del popolo». Spera e crede in misure per alzare la qualità della vita quotidiana anche la signora Kim Su Ryou, 31 anni, carina e madre di una bambina di 7 anni. «Scrivete la realtà che vedete qui, non mentite», ci dice; aggiunge che «l’America resta il nemico, fin dal 1950, quando ci colpì con brutalità». Bene, scriviamo tutto le assicuro, ma quali sono in concreto le misure per la gente che vorrebbe dal Rispettato Maresciallo Kim Jong-un? La signora si perde: «Non so che cosa decideranno, spero che il Paese diventi più potente». Ma per sé cosa vorrebbe, poter viaggiare all’estero magari? «No, mi piace vivere qui». Più prodotti? Paga migliore? Scuote la testa disorientata. E per sua figlia, quando crescerà? «Vorrei che diventasse membro del Partito».
Le risposte sembravano autentiche, segno che questi cittadini di Pyongyang non hanno tempo e voglia di sperare in qualcosa che non sia «l’amore del Rispettato Maresciallo Kim Jong-un».
Questo Congresso del Partito dei Lavoratori, solo il settimo nei circa settant’anni della sua storia, è il primo dal 1980. Quando si tenne il sesto, Kim Jong-un non era ancora nato e il nonno Kim Il Sung annunciò che il suo successore sarebbe stato il figlio Kim Jong-il: la nascita della Dinastia Kim. Il secondo Kim non convocò alcun congresso nei suoi 17 anni di dominio (è morto nel 2011). Ora il terzo Kim utilizza lo strumento dell’assemblea suprema del partito per proporsi come diretto erede del nonno, del quale sembra avere il carisma e la capacità di comunicare con il suo popolo.
Kim ieri ha detto che la Corea del Nord «ha una potente forza deterrente nucleare», ha elencato per nome cinquanta eroi della Repubblica e detto che il Paese diventerà «più prospero». Pare di capire che il progetto nucleare proseguirà simultaneamente allo sviluppo di un’economia oggi arretratissima. Una sorta di promessa «burro e cannoni», che in coreano si definisce «Byungjin», «linee parallele». E queste linee parallele dovrebbero sostituire la linea unica del padre di Kim, il «Songun» che significava «prima le forze armate». Quindi, Kim Jong-un avrebbe deciso di convocare il congresso dopo 36 anni per riaffermare la superiorità del partito (e la propria).
«In questi 36 anni sono stati ottenuti risultati miracolosi», dice Kim con molta immaginazione. Ma a Pyongyang qualche segno di novità si coglie davvero: si vedono taxi e alcune auto private, anche se le strade sono poco trafficate, i numerosi vigili urbani del tutto inoperosi e la notte le strade tornano deserte; ci sono interi quartieri residenziali nuovi; si notano numerosi chioschi per la vendita di bibite e cibo, segno forse di una nascente impresa familiare. Di fronte ai chioschi abbiamo visto qualche fila di cittadini: i risultati miracolosi al momento sono solo quest i.