Repubblica 7.5.16
“Aboliamo dalle leggi il concetto di razza”
L’iniziativa di un gruppo di antropologi divide il mondo della cultura
di Simona Poli
Non
è soltanto politicamente scorretta. Non ha solo un suono molesto e un
background ideologico ripugnante. La parola “razza” andrebbe cancellata
dall’articolo 3 della Costituzione e da tutti i documenti ufficiali per
il semplice motivo che le razze umane non esistono. Quel termine sarebbe
una mistificazione, un errore, un significante senza significato, la
veste semantica di un concetto fittizio. A sostenerlo sono alcuni
studiosi della Società antropologi italiani che si riunisce oggi a
Firenze per discutere la
proposta. Ma il fronte è spaccato. A
sostenere la necessità di un radicale intervento di soppressione del
termine razza dal lessico istituzionale e giuridico italiano sono stati
gli antropologi romani Olga Rickards e Gianfranco Biondi in un articolo
pubblicato sulla rivista on line Scienzainrete. «Siamo convinti che la
parola razza vada abolita anche dalla Costituzione », dice Olga
Rickards, «come del resto è stato fatto in Francia, proprio perché non
esiste un’evidenza scientifica della razza, un termine che già Linneo
utilizzò come sottocategoria classificatoria. La parola sopravvive
adesso senza motivo, dato che alla fine degli anni Sessanta è stato
stabilito che il grado di differenza all’interno del Dna umano è enorme
ma se mettiamo a confronto i codici genetici di individui provenienti da
continenti diversi la variabilità aumenta solo del 10 per cento.
Potremmo parlare di “popolazioni geografiche” e non più di razze».
L’idea però non ha trovato grande seguito finora. «Il nostro intento è
di poter uscire con un documento unitario degli antropologi che farebbe
molto più rumore», dice Rickards. «Dobbiamo essere consapevoli del fatto
che rimuovere ogni riferimento a una visione della diversità razziale
dal documento che ispira il nostro vivere civile è importante non solo
per la sua valenza simbolica ma anche per togliere forza all’uso di un
termine che inevitabilmente evoca pregiudizi».
Non la pensa allo
stesso modo Luigi Capasso, docente all’università di Chieti, che della
Società Antropologi Italiani è il presidente. «L’articolo 3 della
Costituzione », è la sua tesi, «utilizza il termine razza in senso
antidiscriminatorio, garantendo a tutti i cittadini pari dignità sociale
e uguaglianza davanti alla legge senza distinzioni. Nessuno potrebbe
mai fraintendere quello che i costituenti si ponevano come obiettivo. Se
è vero che “razza” è una brutta parola non sempre è vero che sia anche
negativa e questo è uno di quei casi. C’è una scuola di pensiero che
vorrebbe sostituirla con “etnos”, sicuramente più elegante ma non
sovrapponibile. E non è certo un caso che la Costituzione la contenga,
non dimentichiamo che nel 1929 fu firmato il Manifesto della razza e che
si è volutamente messo all’indice la “razza ebraica” confondendo la
diversità religiosa o culturale con una presunta diversità biologica.
L’incontro di Firenze servirà a sviluppare il dibattito e a prendere una
decisione unitaria, o quanto meno di maggioranza, sull’opportunità di
avanzare o meno una proposta concreta al presidente Mattarella, cosa che
finora non siamo riusciti a fare».
La Crusca dà indicazioni
precise. «Non toccherei la prima parte della Costituzione», avverte il
presidente dell’Accademia Claudio Marazzini. «È fin troppo chiaro che
qui il termine non è utilizzato in senso divisivo e che nei principi
generali si stabiliscono fondamenti di uguaglianza. Mi sembra che non si
tratti solo di una questione di linguaggio ma anche di civiltà
giuridica, nel senso che la parola, anche se non piace agli antropologi,
poggia su un sentimento comune». Il linguista Tullio De Mauro inquadra
la complessità della questione: «Quella parola non ci piace e vorremmo
evitarla ma non possiamo ignorare che abbia un riferimento biologico e
in quel contesto venga usata senza preoccupazioni di correttezza
politica. Nel Grande dizionario italiano dell’uso abbiamo cercato di
limitare al minimo la sua presenza, adoperando “gruppo etnico o
geografico”. Però non modificherei mai la Costituzione per questo. Che
fine farebbero senza più la parola razza i derivati come razzismo o
leggi razziali? Cerchiamo di non essere razzisti piuttosto che
cancellare dal mondo la parola razza».
I dubbi di Capasso però
vanno oltre: «Ci sono realtà come l’Agenzia italiana per il Farmaco in
cui si fa largo uso della parola “razza” come sintesi del concetto di
biodiversità umana con una conseguente tendenza a “personalizzare” varie
medicine in base alle caratteristiche dei loro destinatari
differenziati in base, ad esempio, alla provenienza geografica». Il
genetista Giuseppe Novelli, rettore dell’università di Tor Vergata,
propone di sostituire razza con “gruppo etnico”: «L’equivoco nasce dal
problema dell’inglese che non riesce a trovare un sinonimo per il
termine “race” ma le razze negli esseri umani non esistono. Esiste solo
un’immensa variabilità genetica. In fondo la questione è molto semplice.
Peccato che di questo problema gli scienziati non discutano tra loro.
Per quanto mi riguarda ne parlo nei convegni e agli studenti dalla
cattedra. Ma in Italia purtroppo riusciamo a fatica a farci ascoltare».