Repubblica 6.5.16
IAllarme a Palazzo Chigi “Alle urne ora rischiamo”
Gli scandali e lo scontro con i pm alimentano tra i dem i timori per le comunali. Orfini: “Se si perde è un problema per tutti”
di Tommaso Ciriaco
ROMA.
Uno scandalo dietro l’altro, si consuma la serenità del Pd. Un giorno è
il corpo a corpo con la magistratura, quello successivo un democratico
in manette: allarme, si sgolano i renziani, il vento sta cambiando.
«Così perdiamo le amministrative». C’è chi teme un complotto e chi
denuncia una rivoluzione giudiziaria, il problema è che a Palazzo Chigi
si fa strada soprattutto la paura. Di soccombere nelle urne e smarrire
il feeling con il Paese. Abbassare i toni, questo ha intimato Matteo
Renzi nelle chat aperte solo agli ortodossi. «Basta con le polemiche,
adesso dobbiamo fare le cose. Mostrarci al lavoro. Reagire». Eppure la
strada sembra in salita. Che non si sia scattato il timer della
disgregazione? «A ogni progetto di cambiamento radicale corrispondono
“controspinte” – riflette Nicola Latorre – La differenza è che in
passato la politica si arrendeva, mentre Renzi per fortuna non ha
quest’intenzione. Si combatterà, e alla fine conteremo danni e
feriti...».
L’ultimo tassello, in ordine di
tempo, è l’affondo del magistrato Piergiorgio Morosini. «Ma vi pare che
un consigliere del Csm può dire che “Renzi va fermato”?», si lamenta
David Ermini. «Il suo discorso - rincara la dose Latorre - ricorda
quello con cui Gherardo Colombo bocciò la Bicamerale». Ecco svelato il
piano, si agitano i dem: c’è una tenaglia che punta a stritolare la
maggioranza di governo. «Di certo c’è che continuate a mettere in prima
pagina i nostri - si arrabbia Ettore Rosato - mentre quelli degli altri
partiti proprio no».
Le Comunali sono alle
porte e gli ultimi inciampi giudiziari hanno scalfito l’immagine del Pd.
«Un amico mi ha appena mandato una mail con il discorso di Roosevelt
alla Sorbona sulla “questione morale”...», confida Simona Malpezzi. Ecco
il punto: quanto pesa la “pressione” giudiziaria? E quanti voti si
porta via? «A me sembra che alle amministrative abbiamo tirato i remi in
barca - sibila Davide Zoggia - E ai ballottaggi partiamo sfavoriti». Il
vento è cambiato. Lo si intuisce anche leggendo un servizio di Le
Monde, dal titolo inequivoco. “Quegli scandali che avvelenano Matteo
Renzi”. Si racconta del “rottamatore” alle prese con «demoni del
passato, tra sospetti di complotti e corruzione», nel bel mezzo di una
nuova “questione morale” e di un braccio di ferro con i giudici che
«rischia di assomigliare a quello dei tempi berlusconiani». Il resto lo
fanno i sondaggi, che descrivono il candidato di Milano in bilico, di
Roma in affanno e di Napoli addirittura fuori dal secondo turno. Bisogna
darsi una mossa, va ripetendo Matteo Orfini: «E non commettere l’errore
di parlare solo del referendum, perché se perdiamo le comunali abbiamo
un problema».
Almeno in casa Renzi non deve
combattere. Regge la tregua interna, ma già si intravede il film che
andrà in onda un minuto dopo le amministrative. «Non facciamo certo
sciacallaggio - premette Roberto Speranza - e guai a usare la clava
giudiziaria tra noi. E però dico questo: in una fase di tensione tra
politica e magistratura - e con inchieste su esponenti del Pd - tutto
dovrebbe fare Renzi fuorché flirtare con Verdini e company». Anche i
nemici esterni del premier gongolano. «Il Pd imploderà», promette
Alfredo D’Attorre. «Troppe inchieste - sostiene la dalemiana Velina
Rossa - in Emilia il partito non trova neanche chi vuole candidarsi». I
nuovi amici, invece, offrono consigli scomodi: «Matteo fa bene ad
abbassare i toni - suggerisce Ignazio Abrigani - Però, come diceva
Berlusconi, bisogna anche fare: iniziamo dalla riforma della giustizia e
delle intercettazioni». Nel Pd tutti sembrano alla ricerca di una
ricetta, forse anche di una parola definitiva. Chi meglio di Michele
Emiliano, magistrato e big democratico, allora? «Sì, il clima è
avvelenato - scrive per sms - Proprio per questo io sono in ritiro
spirituale per un po’...».