Repubblica 6.5.16
Giancarlo Caselli
L’ex procuratore nega la tesi della giustizia ad orologeria
“Invocare complotti è roba da Berlusconi È giusto che i giudici parlino delle riforme”
intervista di Liana Milella
ROMA.
Il complotto anti Pd? «Fantapolitica». Esiste una questione morale?
«Sono d’accordissimo con Davigo». Parla Gian Carlo Caselli.
Ancora arresti e condanne.
Spesso con protagonisti politici del Pd. C’è una strategia organizzata dei giudici per far cadere Renzi?
«Se
non sbaglio lo stesso premier ha escluso un complotto. In ogni caso
parlare di strategia organizzata dalla magistratura è fantapolitica o
fantagiustizia. Un ritornello già sentito quando governava Berlusconi.
Un argomento tipico di quelli che il controllo di legalità gli dà
l’orticaria. Volendo ragionare sull’assurdo sono troppi i magistrati
“interessati”. Del tutto scollegati tra loro. La realtà è che siamo alle
solite. Quando uno specchio (un’inchiesta) riflette un foruncolo o un
bubbone, si tira una scarpa contro lo specchio per romperlo».
Morosini vede nel Pd «un’enorme questione morale».
«Non parlo di conversazioni smentite».
Gli arresti di Lodi. Potevano bastare i domiciliari?
«Da
sempre non commento inchieste delle quali non ho conoscenza diretta e
completa, soprattutto se sono alle primissime battute».
Le leggi sulla giustizia del governo Renzi, come la responsabilità civile, sanno di rivincita sui magistrati?
«Mi
guardo bene dal fare processi alle intenzioni. Parlo solo del contenuto
obiettivo della legge sulla responsabilità civile dove vedo pericoli
per l’indipendenza della magistratura. I giudici possono trovarsi in
balia di azioni ripetute, intimidatorie o ritorsive. Magari
inconsapevolmente potrebbero, potendo scegliere come sempre accade
facendo il giudice fra diverse opzioni, quella più “tranquilla”.
Soprattutto se si tratta di processi che riguardano colossi
dell’economia o della finanza».
Sull’Italia incombe una «democrazia autoritaria» (Morosini)?
«Nella
Costituzione la democrazia si fonda sul primato dei diritti uguali per
tutti e sulla separazione dei poteri senza che nessuno di essi prevalga
sugli altri. Se a questa democrazia se ne dovesse sostituire un’altra
basata sul primato della maggioranza politica del momento e sulla
concentrazione dei poteri, ecco allora le domande sul possibile
cambiamento della qualità della democrazia».
Le toghe scendono in campo sulla riforma costituzionale come nel 2006. È un pezzo della strategia anti Renzi?
«Non
sono le toghe a scendere in campo. Ma singoli magistrati. Ma se già nel
2006 c’è stata una “discesa in campo” è chiaro che Renzi non c’entra
nulla».
Un magistrato può esprimere pubblicamente il suo voto al referendum?
«Quando
ritiene che una norma sia incostituzionale il giudice la impugna
davanti alla Consulta. In questo modo non si targa, non si schiera, pone
solo un problema. Più o meno la stessa cosa succede quando si discute
di riforma della Costituzione. E il lavoro quotidiano del magistrato
(inchieste, processi) rimane del tutto fuori, non c’entra niente col
dibattito sulla riforma. Altrimenti se un magistrato va a messa tutte le
domeniche e in questo modo si targa come cattolico dovrebbe forse
astenersi quando una delle parti è cattolica?».
Per Legnini una toga deve stare lontano dalla propaganda.
«Credo
che ci potrebbero essere problemi che partendo dal principio
costituzionale di libera manifestazione del pensiero arrivano a una
giurisprudenza consolidata della sezione disciplinare del Csm che
garantisce questo diritto».
Lei ha indagato su terrorismo e mafia. La politica “era” con voi. Sulla corruzione è contro.
Perché?
«Per
il terrorismo c’è stata la lunga stagione dei compagni che sbagliano e
degli slogan né con lo Stato né con le Br. Per la mafia non
dimentichiamo che Falcone ha dovuto emigrare da Palermo, anche perché
facendo il suo dovere aveva cominciato ad occuparsi di mafia e politica.
Per quanto mi riguarda non posso non ricordare la legge contro di me,
votata dalla maggioranza di centrodestra, per punirmi del processo
Andreotti. Le cose stanno così: ci sono problemi, in particolare mafia e
corruzione, che la politica, trasversalmente, delega a forze
dell’ordine e magistratura. Ma con la raccomandazione mai esplicitata,
ma sempre chiara, di non oltrepassare una certa asticella che delimita
alcuni interessi. Se la si supera ecco gli attacchi alla magistratura,
basati sul criterio dell’utilità dell’intervento giudiziario e non su
quello ben più corretto del rigore».
Davigo
dice che i politici rubano e non si vergognano. Cantone cita il
proverbio napoletano “chi ruba ha sempre la faccia di corna». Lei che
dice ?
«Davigo ha riproposto la questione
morale, che significa trasformazione della politica in lobby e
contaminazione tra apparati di partito e mondo affaristico- economico.
Davigo vuol dire che la questione morale non è un reperto archeologico,
l’ubbia di qualche parruccone, ma una questione democratica e
istituzionale di grandissima attualità. Io sono d’accordissimo con lui».
Corruzione e prescrizione. La sua idea?
«La
riforma della prescrizione che ci allineerebbe alle democrazie
occidentali. Va interrotta con il rinvio a giudizio o la condanna di
primo grado. Rappresenterebbe il minimo sindacale se si vuole davvero
migliorare il funzionamento della giustizia».