Repubblica 6.5.16
Libri e film il ritorno del grande dittatore
Non solo “Mein Kampf”: così tra letteratura e cinema rivive in Germania la figura di Hitler
Un’ossessione che si manifesta in chiave critica e a volte comica Ma che fa i conti con un passato mai risolto
di Angelo Bolaffi
“Lui
è tornato”: e lui è Adolf Hitler. Non è solo il titolo provocatorio e
grottesco di un bestseller letterario diventato commedia
cinematografica, ma un fatto: la rinnovata attenzione per la figura del
dittatore nazista. All’inizio di quest’anno, come si ricorderà, a cura
dell’Istituto tedesco per la storia contemporanea è apparsa tra mille
polemiche
e non pochi dubbi l’edizione scientifica del Mein Kampf andata esaurita
in pochissimi giorni. E nelle scorse settimane sempre in Germania è
stata pubblicata una monumentale ricerca sulla vita di Hitler: Das
Itinerar, questo il titolo dell’opera in quattro volumi di ben 2.432
pagine scritta da Harald Sandner, ricostruisce passo dopo passo tutti
gli episodi documentabili della sua biografia (compresi anche quelli più
curiosi e sconosciuti, come la richiesta presentata all’ambasciata
italiana di un autografo di Mussolini) dalla nascita nel 1889 a Braunau,
allora Austria- Ungheria, fino al 30 aprile del 1945, giorno in cui si
suicidò nel suo bunker di Berlino. Inevitabilmente questo ritorno di
interesse per la persona di Hitler ha sollevato molti interrogativi
legati al timore che possa nascondere una più o meno consapevole
“banalizzazione del male”. Una specie di inflazione della sua figura
che, soprattutto sulle nuove generazioni, potrebbe avere come
conseguenza una “normalizzazione” e relativizzazione della condanna del
nazismo. Certo, in una Germania com’è quella di oggi, profondamente
lacerata e messa in ansia dal fenomeno mi- gratorio e di fronte, sia
pure in settori (ancora) minoritari, all’emergere di pulsioni
identitarie e idiosincrasie xenofobe, la cautela è d’obbligo. E tuttavia
questa rinnovata presenza mediatica di Hitler non è affatto espressione
di revisionismo storico. Né, come nel film Lui è tornato di David
Wnendt, l’idea tra il comico e l’assurdo per altro filmicamente molto
efficace di far ricomparire Hitler nella odierna Berlino capitale della
Germania riunificata, rappresenta un’allarmante rottura di un tabù.
Intanto
perché c’è un precedente illustre: il film realizzato nel 1940 da
Charlie Chaplin intitolato Il grande dittatore nel quale il monologo di
Hitler nella scena del mappamondo è non solo un’icona cinematografica ma
anche la denuncia politicamente lungimirante (in quell’anno era ancora
in vigore il Patto tra Unione Sovietica di Stalin e Hitler) del pericolo
planetario rappresentato dalla dittatura nazista. E poi: non è forse
vero che un approccio ironico e il ricorso al linguaggio della satira
possono favorire grazie alla funzione maieutica del sorriso la resa dei
conti di un individuo o di un popolo col proprio passato? Infatti, a
differenza di quanto accaduto in altri paesi (ad esempio in Austria e
Giappone ma anche nella Russia di Putin che rivendica l’eredità del
comunismo di Stalin) la Germania ha cercato (e continuamente cerca) di
fare i conti col proprio passato. Negli anni dell’immediato dopoguerra,
fino alla metà degli anni Sessanta, dominante nell’opinione pubblica
tedesca era stato il “principio di rimozione” fondato su una vera e
propria connivenza, spazzata via dalla rivolta studentesca del ’67-’68.
Una congiura omertosa raccontata dal recente film di Lars Kraume
intitolato Lo Stato contro Fritz Bauer (lo stesso tema, anche se da una
diversa angolatura, era stato affrontato in precedenza da Giulio
Ricciarelli nel suo Il labirinto del silenzio): dirigente del movimento
socialista ed ebreo, Fritz Bauer era stato costretto a emigrare. Alla
fine della guerra, come Theodor Adorno, Max Horkheimer, Ernst Fraenkel o
Richard Löwenthal, fu uno di quei “generosi remigranti”, come li ha
definiti Jürgen Habermas, che decisero di tornare in Germania. Diventato
procuratore del tribunale a Francoforte, nonostante l’isolamento e il
sospetto che lo circondavano e lo portarono poi al suicidio, gettò le
basi per la ricostruzione di un sistema giuridico democratico e aiutò il
Mossad a individuare e arrestare Adolf Eichmann.
Per sempre all’ombra di Hitler?
Il
titolo di una importante raccolta di saggi pubblicata qualche anno fa
dallo studioso Heinrich August Winkler solleva un interrogativo che
forse ci aiuta a capire l’odierna, ossessiva presenza della figura di
Hitler. La Germania e la coscienza europea sono condannate infatti, per
un tempo ancora imprevedibile, a confrontarsi con quella “frattura della
civiltà” (così lo storico ebreo tedesco Dan Diner) che è stato il
nazismo, i cui delitti ancora attendono – nonostante le decine di
migliaia di pagine scritte sul tema – di essere ricostruiti in tutta la
loro terrificante dimensione. Ne è conferma KL: A History of the Nazi
Concentration Camps, la monumentale indagine sul sistema nazista dei
campi, oltre duemila pagine frutto di una ricerca durata dieci anni,
dello storico tedesco (residente in Inghilterra) Nikolaus Wachsmann,
apparsa l’anno scorso in inglese e proprio in questi giorni in Germania.
Una discesa agli inferi in cui la documentazione raccolta è costituita
per gran parte dalle testimonianze fino ad oggi sconosciute delle
vittime. Prende le mosse dal campo di Dachau, nei pressi di Monaco di
Baviera, messo in funzione in modo ancora provvisorio e artigianale dopo
la vittoria elettorale di Hitler nelle elezioni del 5 marzo 1933, per
rinchiudervi gli oppositori politici, e si conclude sempre a Dachau con
l’arrivo degli americani alla fine di aprile del 1945.
Nel
mezzo, il capitolo più buio della storia tedesca. Un capitolo che più
viene studiato ed esaminato più ci appare incomprensibile: «Nonostante
ci siano migliaia di letture possibili», il nazismo – ha affermato l’ex
Cancelliere Helmut Schmidt – «è inspiegabile. Ed è proprio questo che mi
opprime nel profondo dell’animo». Dunque Adolf Hitler nonostante il
passare dei decenni resta un vero e proprio mistero, come genialmente
intuito da Salvador Dalí che nel 1939 intitolò El enigma de Hitler un
suo piccolo quadro oggi esposto al museo madrileno Reina Sofia.