Repubblica 6.5.16
La decisione di conferire quest’anno a Papa Francesco il premio Carlo Magno è eccezionale
Le tre missioni del futuro per noi leader della Ue
di Jean-Claude Juncker Martin Schulz
LA
DECISIONE di conferire quest’anno a Papa Francesco il premio Carlo
Magno è eccezionale. Alcuni potrebbero fare dell’ironia sul fatto che
all’Unione europea le cose vanno male al punto di avere bisogno di un
aiuto dal Papa, mentre altri potrebbero chiedersi perché un Papa che
viene dall’Argentina riceva un premio che rende omaggio a chi si è
prodigato per l’unificazione pacifica dell’Europa. Siamo convinti che
Papa Francesco si sia meritato questo premio per il messaggio di
speranza rivolto all’Europa.
Forse occorrono
gli occhi di un argentino, che osservano dall’esterno ciò che
intimamente lega noi europei, per prendere coscienza dei nostri punti di
forza. Proprio in un momento in cui l’Europa e la crisi vengono spesso
messe sullo stesso piano, tendiamo facilmente a dimenticare ciò che
l’Europa ha già fatto e ciò di cui è capace: i nostri padri e le nostre
madri hanno costruito un progetto di pace e umanità che ha visto la luce
dalle macerie della Seconda guerra mondiale. Si sono allontanati
consapevolmente dalla propaganda bellica, dal desiderio di distruzione e
dalla disumanità che hanno caratterizzato la prima metà del XX secolo.
Essi hanno invece messo insieme le loro forze per costruire un’Europa
dove non vi sarebbero stati vincitori né vinti, bensì solo vincitori.
Agendo in tal modo, hanno dimostrato di aver imparato dalla storia che,
quando noi europei ci siamo combattuti, le conseguenze sono state
tragiche per tutti, mentre quando siamo rimasti uniti tutti ne hanno
tratto beneficio.
L’anima dell’Europa è
rappresentata dai suoi valori. Ed è proprio a questi ultimi che il Papa
ci rinvia quando ricorda che «l’Europa che guarda e difende e tutela
l’uomo è un prezioso punto di riferimento per tutta l’umanità». Eppure,
in un momento in cui l’Europa passa da un vertice di emergenza all’altro
e la gente si chiede se tutti in Europa condividano gli stessi valori,
risulta ancora più importante prendere coscienza della nostra forza
comune. Nell’era della globalizzazione noi europei abbiamo quanto mai
bisogno gli uni degli altri, come testimoniano le tre sfide cui siamo
attualmente confrontati.
In primo luogo, la
necessità di preservare il nostro stile di vita europeo. In un mondo
sempre più connesso, dove emergono inesorabilmente altri Paesi e
regioni, dobbiamo unire le nostre forze, in quanto il contributo
dell’Europa e dei suoi Stati ai risultati economici mondiali nonché alla
popolazione del pianeta si sta riducendo. Chi di fronte a tali
prospettive crede che sia arrivato il momento di tornare agli Stati
nazionali ha perso il senso della realtà. Tali sviluppi potranno anche
non piacerci, ma non possiamo tornare indietro; possiamo invece
plasmarli come desideriamo se restiamo uniti. Nessuno Stato membro — per
quanto possa essere influente — è in grado da solo di imporre i propri
interessi e valori; tuttavia, se resteremo uniti, potremo riuscire a
definire le regole che disciplinano la competizione tra le grandi
potenze.
Per noi europei appare quindi
sensato restare uniti, poiché è in gioco il nostro modello di società,
che poggia sui valori di democrazia, Stato di diritto, solidarietà e
diritti umani. In Europa sono garantiti i diritti civili, la libertà di
stampa e il diritto di sciopero, non si pratica la tortura e non esiste
il lavoro minorile né la pena di morte. La nostra forza economica deriva
dal mercato unico, la cui solidità ci permetterà di assicurare e
sviluppare in futuro il nostro modello sociale europeo fondato sui
valori.
Secondo: garantire la sicurezza e la
pace. Se noi europei restiamo uniti, possiamo fare grandi cose. Ne sono
dimostrazione l’accordo sul nucleare con l’Iran e l’accordo di Parigi
sul clima. Questi esempi dovrebbero incoraggiarci, come europei, ad
agire uniti e ad assumere maggiori responsabilità sulla scena mondiale.
Il mondo è sempre più complesso e, secondo alcuni, più pericoloso. Gli
Stati Uniti riducono progressivamente il loro impegno a livello
internazionale, la Russia si mostra sempre più aggressiva, la Cina
acquisisce influenza nell’Asia orientale. Nel nostro immediato vicinato
sono in atto conflitti e guerre: in Siria si registrano ogni giorno
nuove vittime, mentre nell’Ucraina orientale la situazione rimane
preoccupante. Gli attentati di Bruxelles, Lahore, Istanbul e Parigi ci
ricordano amaramente che il terrorismo islamico rappresenta una minaccia
globale. Di fronte a un simile scenario mondiale non possiamo
permetterci di sprecare le nostre forze a causa di vanità nazionali.
Dobbiamo esprimerci con una sola voce: solo così potremo rafforzare la
nostra influenza.
Terzo: gestire la
migrazione. Oggi le persone in fuga da guerre, conflitti e persecuzioni
sono molto più numerose che in ogni altro periodo dopo la Seconda guerra
mondiale. Uomini, donne e bambini vengono da noi in cerca di protezione
dalla brutalità dello Stato islamico e dalle bombe di Assad. Il
problema ha una portata tale che nessuno Stato membro è in grado di
risolverlo da solo; insieme però possiamo condividere questa
responsabilità, in quanto continente con oltre 500 milioni di abitanti.
La
visita di Papa Francesco a Lesbo è stata più di un gesto simbolico.
Accogliendo dodici profughi siriani, ha agito in modo più concreto e
solidale di molti Stati dell’Unione. Papa Francesco incoraggia anche noi
ad agire. La solidarietà e l’amore per il prossimo non devono essere
soltanto belle parole; questi valori sono importanti solo se li mettiamo
in pratica.
È quello che fanno ogni giorno
numerose decine di migliaia di volontari che si adoperano fino allo
sfinimento e anche oltre per garantire alle persone un rifugio dal
terrore, dalla guerra e dalla violenza. Forniscono cibo ai rifugiati, si
assicurano che abbiano vestiti e sostengono i bambini
nell’apprendimento per garantire loro un futuro. Questi volontari
mostrano ai rifugiati e al mondo intero il volto di un’Europa umana.
È
anche questo il compito della politica, soprattutto in un continente
che troppo spesso, nella sua storia, è stato diviso da muri e
recinzioni, trincee e frontiere. Superare queste divisioni per creare
un’Europa di pace e di benessere è stata una delle nostre conquiste.
Ciascuno di noi ne beneficia, ad esempio quando viaggiamo o commerciamo
oltre le frontiere.
A tale riguardo, Papa
Francesco ripone in noi una grande fiducia e auspica che riusciremo a
sfruttare meglio le nostre potenzialità. Il nostro modo europeo di
cooperare e gettare ponti tra i popoli e i Paesi ci ha già permesso, in
fondo, di superare la divisione del nostro continente. Di fronte alle
molteplici crisi odierne, abbiamo più che mai bisogno di attingere a
questa forza. Le premesse sono forse migliori di quanto non crediamo. In
ogni caso, Papa Francesco ci infonde coraggio quando afferma che «le
difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità». È ormai tempo
che noi europei ci mobilitiamo e lottiamo insieme per un’Europa unita.
Jean- Claude Juncker è presidente della Commissione europea Martin Schulz è presidente del Parlamento europeo