La Stampa 6.5.16
La trappola dei tempi per il premier
di Giovanni Orsina
Gli
elettori delle nostre democrazie stanno diventando sempre più
impazienti: i problemi vogliono vederli risolti immediatamente. Le
strutture decisionali dell’Unione Europa sono macchinose e
pachidermiche: le soluzioni magari le trovano, ma con una lentezza
esasperante. Il tempo insomma - la mancata corrispondenza fra quello
lungo di Bruxelles e quello breve di Roma, Parigi, Berlino - è uno dei
problemi cruciali dell’Europa. L’ipotesi austriaca di chiudere la
frontiera al Brennero, a ben vedere, non è altro che un tentativo di
trovare una soluzione al problema del tempo: di dare una risposta
immediata a un’opinione pubblica che col voto di dieci giorni fa ha
mostrato di ritenere che la politica non sia abbastanza rapida ed
efficace nel proteggerla.
Questa «trappola
temporale» rappresenta un pericolo serio anche per Renzi. E lo è proprio
sull’immigrazione. Il Presidente del Consiglio, com’è ben noto, dovrà
affrontare nei prossimi sei mesi due prove elettorali: una importante in
giugno, le elezioni amministrative; una cruciale in ottobre, il
referendum sulla riforma costituzionale.
Fra
Renzi e l’opinione pubblica italiana si stendono almeno tre ostacoli.
La situazione economica, innanzitutto. Ma è un terreno sul quale il
governo può vantare dei risultati. Poi la questione giudiziaria, che
proprio in questi giorni s’è fatta incandescente. Era prevedibile, a ben
vedere, che la ferita più che ventennale dello squilibrio fra politica e
magistratura ricominciasse a sanguinare, in concomitanza con riforme
istituzionali che potrebbero cambiare in profondità la geografia
italiana dei poteri. Il fatto che l’insorgere della questione non sia
affatto inatteso, d’altra parte, non toglie che questa per Renzi sia con
ogni probabilità la sfida più insidiosa. Il terzo ostacolo - appunto - è
la questione migratoria.
Il «migration
compact» - la proposta che il governo italiano ha presentato tre
settimane fa, che l’Europa aiuti i Paesi d’origine dei migranti in
cambio di collaborazione nella gestione dei flussi - è senza alcun
dubbio ambizioso e lungimirante. Non sarebbe facile per le altre forze
politiche italiane attaccarlo: il leader leghista Salvini, ad esempio,
ha sempre sostenuto la tesi che i migranti debbano esser soccorsi a casa
loro. Il «compact», poi, è stato ben accolto dagli altri Paesi
dell’Unione. Nell’incontro che ha avuto con Renzi ieri a Roma, tuttavia,
la Cancelliera tedesca Merkel s’è detta d’accordo con la proposta
italiana sui principi generali, ma non sul punto qualificante del
finanziamento: la Germania non ha la minima intenzione di accettare gli
eurobond previsti nel piano - l’emissione di titoli di debito pubblico
comuni agli Stati dell’eurozona. E questa non è altro che una delle
molte spie della grande complessità dell’operazione. Del tempo che sarà
necessario per portarla - se ci si riuscirà - dalla carta al mondo
reale.
Ma il tempo di Renzi non è il tempo
di Bruxelles. È il tempo di Roma. Delle elezioni amministrative di
giugno e del referendum di ottobre, nel quale il Presidente del
Consiglio si gioca tutto. Di un’opinione pubblica sempre più preoccupata
per l’immigrazione, sempre più ansiosa che il problema sia affrontato
qui e ora, e che per il momento dall’Europa, in concreto, vede venire
quasi soltanto segnali negativi. Un’opinione pubblica che arriverà al
voto sulla riforma costituzionale dopo l’estate, la stagione nella quale
i flussi migratori sono più intensi. Agli italiani Renzi potrà pur
sempre cercar di spiegare che le istituzioni devono esser riformate
proprio perché siano più rapide ed efficienti nel gestire le emergenze, e
più autorevoli in Europa. Ma far passare il messaggio non sarà facile
nemmeno per un comunicatore come lui.