giovedì 5 maggio 2016

Repubblica 5.5.16
La linea rossa dei verdiniani
“Per passare indenne qualche forca caudina in Senato vale la pena pagar dazio (o altro) alla disponibilità degli uomini di Denis”
di Piero Ignazi

IL RAPPORTO tra il Pd e il gruppo di Verdini ha oltrepassato la linea rossa. Da intesa cordiale fondata su una comunanza territoriale è passata a collaborazione organica. La partecipazione di un esponente di Ala alla riunione degli esponenti di maggioranza per definire il progetto di legge sulla prescrizione cambia il perimetro della coalizione di governo.
INVESTE indirettamente quanto inevitabilmente anche il partito democratico. Un governo ha tutto il diritto, e anzi, fa benissimo, a rivolgersi alle opposizioni per cercare un terreno comune su ogni progetto: ma a condizione che questo avvenga nel dibattito parlamentare, alla luce del sole, una volta che la maggioranza ha autonomamente fissato i suoi progetti. Mercanteggiare nel chiuso delle commissioni, pratica ben diffusa peraltro, lascia spazio ai peggiori sospetti. Tanto più se si arriva a far entrare, magari di soppiatto e dalla porta di servizio, un esponente dell’opposizione al tavolo governativo. La pioggia di smentite piovute ieri sulla presenza del senatore verdiniano Falanga al vertice di maggioranza, presente il ministro della giustizia Orlando, non sono servite a nascondere la realtà dei fatti. Il senatore Falanga c’era, atteso ospite. Del resto, lo aveva annunciato il leader di Ala qualche giorno fa: parteciperemo alle riunioni di maggioranza, ove fosse necessario.
Il punto è proprio questo. Il governo ha bisogno di un sostegno esterno per reggersi? Se così fosse, ciò significherebbe che la maggioranza formatasi nell’ottobre del 2013 dopo la rottura con Berlusconi, e poi confermata dal nuovo governo Renzi nel febbraio del 2014, non esiste più: non ha più i numeri per reggersi e deve ricorrere a una nuova versione di “responsabili”. Solo che più che responsabili, si tratta qui di impresentabili. Un ceto politico che si è rifugiato sotto le ali del plurinquisito Verdini pur di mantenersi in vita. Dato che questo manipolo di parlamentari non ha alcun appeal elettorale, si è “messo a disposizione” del capo del governo nella speranza di capitalizzare, fin quando possibile, la sua rendita di posizione.
Il trasformismo parlamentare ha una storia lunga, e altrettanto le maggioranze variabili. Poche legislature e pochi governi ne sono rimasti indenni. Ma si pensava che di fronte all’antipolitica montante, figlia anche di comportamenti politici disinvolti in Parlamento (e fuori), non venisse lasciato spazio a manovre di avvicinamento all’area di governo per puri interessi personali — di sopravvivenza politica, quantomeno. Invece, hanno prevalso considerazioni di convenienza: per passare indenne qualche forca caudina in Senato vale la pena pagar dazio (o altro) alla disponibilità dei verdiniani. E farli accomodare. Per ora su uno strapuntino, domani chissà.
Dietro tutto questo c’è solo l’imperativo della governabilità? O non si intravede piuttosto la prefigurazione di una politica e di un partito, assai diversi da quelli conosciuti fin qui. Le frequenti e amichevoli telefonate che le cronache raccontano tra il sottosegretario Lotti e Verdini sono speculari all’ostilità manifesta verso la minoranza interna. Non si capisce più se la distanza che separa la dirigenza democratica dai suoi oppositori sia maggiore di quella che la divide dai vediniani. E se questi ultimi siano accolti con tanto favore proprio per emarginare, ed eventualmente spingere fuori, la sinistra interna. Alla fine di questi parlottii, ammiccamenti e conciliaboli tutti fiorentini potrebbe esserci un rimescolamento di carte nel partito. Uno show down per soggiogare definitivamente la minoranza grazie alle truppe di complemento “alate”. Non per nulla le liste di appoggio dei verdiniani ai candidati Pd alle amministrative si stanno moltiplicano: costituiscono il banco di prova della praticabilità di una nuova maggioranza.
Certo, un Pd che si trovasse più a proprio agio con Verdini che con i propri compagni critici, compirebbe un salto di specie: diventerebbe un’altra “ cosa.”