Repubblica 5.5.16
Orhan Pamuk.
Lo scrittore: “Colpito il pensiero laico, l’Ue intervenga. Ma se alza muri contro i migranti tradisce i suoi valori”
“In Turchia clima di paura il potere mette a tacere oppositori e giornalisti l’Europa si faccia sentire”
intervista di Marco Ansaldo
Il nostro governo pro-Islam sta perdendo la sua faccia liberale e diventa sempre più repressivo
Sui rifugiati non posso biasimare il mio paese: per molto tempo è stato lasciato solo ad affrontare la crisi
Merkel e gli altri leader devono affrontare con il nostro esecutivo anche il problema della democrazia
“DI
SOLITO sono il tipo che dice ‘va bene, parliamo, ma solo di
letteratura’. Però, adesso, come si fa? Non è più possibile. Andiamo,
parliamo di politica».
Grande scrittore, uomo coraggioso. Orhan
Pamuk, 64 anni, premio Nobel per la Letteratura 10 anni fa, massimo
autore turco già minacciato di morte in passato per le sue dichiarazioni
sul genocidio degli armeni e il massacro dei curdi, non si schermisce
con Repubblica dietro comodi paraventi e anzi parla a lungo della
complessa situazione che attanaglia la Turchia. Il narratore de “La
stranezza che ho nella testa” (ultimo suo romanzo pubblicato da Einaudi)
ha appena finito di accompagnare nell’aula del tribunale di Istanbul il
decano degli intellettuali, Murat Belge, altro sommo saggista, poco
conosciuto in Italia purtroppo, e autore invece tra i suoi molti libri
bellissimi di un monumentale studio sui militari turchi. Ora Belge è
accusato addirittura dal Presidente della Repubblica, il conservatore
islamico Recep Tayyip Erdogan, di averlo insultato nei suoi articoli
firmati sul quotidiano Taraf.
«Ma figuriamoci – attacca Pamuk –
conosco benissimo Belge, è uno degli studiosi più importanti del nostro
Paese, oltre che un mio amico personale. Leggo i suoi articoli da almeno
50 anni e ho sempre imparato molto da lui».
E il punto vero dell’accusa qual è, allora?
«Che
tutto ciò non ha nulla da fare con insultare il Capo dello Stato. Ma
riguarda solo il fatto di silenziare l’opposizione politica e colpire la
libertà di pensiero. Riguarda l’intimidire la gente e il mettere paura
al Paese. Così che nessuno possa criticare il governo» Lei che cosa
teme?
«Io per me nulla. Non ho paura per me. Ho paura per il mio
Paese. Ho paura per i miei amici, per i turchi laici, colti, filo
europei».
E per loro la libertà di espressione è sempre più difficile in Turchia?
«Ma
io sono molto preoccupato pure per la libertà di stampa. La paura tocca
i giornalisti che criticano il governo, e vengono minacciati,
licenziati, i loro quotidiani chiusi. Negli ultimi anni il nostro
governo pro-Islam sta perdendo la sua faccia liberale. Sta diventando
sempre più autoritario e repressivo».
Ma lei tutto questo lo sa, ci è già passato, no?
«Sì,
però sono davvero stufo di andare nei tribunali a difendere me stesso o
i miei amici. Qui parlano tanto della nuova Turchia. Questa sarebbe la
nuova Turchia: la continuazione della vecchia! Con gli scrittori alla
sbarra».
I casi adesso sono tanti: ben duemila persone, fra cui
anche studenti, accusate di avere insultato il Presidente e chiamate a
risponderne in tribunale. Murat Belge è solo l’ultimo esempio. C’è anche
il caso del famoso inviato di politica internazionale Cengiz Candar,
che rischia anni di carcere per lo stesso motivo. O del direttore del
quotidiano Cumhuriyet, Can Dundar, per il suo scoop sulle armi in Siria
protette dai servizi segreti turchi. Sembra un’onda che cresce, e
nessuno riesce a fermare. Che cosa accadrà ancora?
«Guardi, non mi
chieda per favore che cosa succederà in futuro. Quello che sta
accadendo nel presente è già abbastanza deprimente».
Oggi però la
Turchia ha appena concluso un accordo importante per la liberalizzazione
dei visti di ingresso con l’Europa. Questo le piace?
«Sì, sono
contento di questo passo per l’intesa sui visti. Ma dall’altra parte mi
fa arrabbiare che si possano causare ulteriori disaccordi fra un governo
turco sempre più repressivo e l’Unione Europea, perché è un’intesa
difficile da realizzare. Sembra che gli europei non solo non vogliano
vedere intorno a loro siriani e asiatici, ma adesso pure curdi e turchi.
E questa non è una bella sensazione!».
Che cosa dovrebbero fare i Paesi europei?
«Ma intanto dovrebbero prendere una posizione più dura con la Turchia proprio sulle violazioni dei diritti umani ».
Però sui migranti stanno cercando in tutti i modi di accordarsi con Ankara.
«Io
spero che i leader europei, quando stringono le mani di quelli turchi,
occasionalmente gli ricordino la libertà di espressione… La cancelliera
tedesca Angela Merkel e gli altri dirigenti d’Europa non dovrebbero
concentrarsi solo sulla questione dell’immigrazione e dei rifugiati in
Turchia, ma anche affrontare con il nostro governo il problema della
democrazia».
Benissimo. Ma proprio sulla crisi dei profughi l’Europa come si sta comportando per lei?
«L’Europa con i muri che costruisce intorno a sé erode i suoi criteri di valore ».
E la Turchia?
«Sul
punto dei rifugiati non posso davvero biasimare il nostro governo. Non
posso dare nessuna colpa. Per molto tempo Ankara è stata lasciata sola
ad affrontare il peso di milioni di migranti giunti dall’estero: li ha
aiutati. Da sola. L’atteggiamento della Turchia su questo fronte merita
tutte le lodi ».