Repubblica 5.5.16
Perché quei piccoli non sono bambini
risponde Corrado Augias
GENTILE
Augias, molti, compresi uomini di Chiesa, interpretano male il vangelo
sulla pedofilia. Anche Cristina Comencini ( Repubblica 3 maggio) scrive:
«Deve averlo anche la Chiesa questo coraggio [...] per mettere
veramente in pratica l’insegnamento rivoluzionario del Vangelo: “Non
scandalizzate i bambini”». Il versetto mal interpretato è: «Ma se uno
sarà di scandalo a uno di questi piccoli che credono in me, è meglio per
lui che gli sia legata al collo una mola asinaria e sia precipitato nel
fondo del mare». I piccoli di cui parla Gesù, non sono i bambini, ma i
suoi seguaci. Commenta P. Rossano: «I piccoli sono i seguaci di Cristo,
senza preminenza né appoggi umani, i più esposti ai pericoli dello
scandalo, per altro inevitabile, data la proclività al male della natura
umana» (La Bibbia — Paoline 1990). Lo stesso versetto portato in lingua
corrente da studiosi cattolici e protestanti, suona: «Ma se qualcuno
farà perdere la fede a una di queste persone semplici che credono in me,
sarebbe più conveniente per lui che lo buttassero in fondo al mare, con
una grossa pietra legata al collo». Inserire la pedofilia nella Bibbia
(Antico e Nuovo testamento) è un errore storico.
Renato Pierri — renatopierri@tiscali.it
IL
PROFESSOR Pierri ha ragione. Nel versetto in greco, spesso citato, non
si parla di “bambini” (paidìa) bensì di “piccoli” (mikroi), cioè di
coloro che hanno una fede incompleta, incerta, che sono deboli nello
spirito. Del resto basta leggere il finale della frase per convincersi:
“questi piccoli che credono in me”, atteggiamento incongruo per dei
bambini. Ciò non toglie che l’interesse, l’amore, di Gesù per i bambini
sia costante e torni più volte nei vangeli. In Marco (10, 13-16), è
descritta un’azione esemplare: «Gli portavano dei bambini perché li
toccasse ma i discepoli li sgridavano. Gesù s’inquietò e disse:
“Lasciate che i bambini vengano a me e non ostacolateli perché di questi
è il Regno di Dio”». Non si può apprezzare la forza di queste parole se
non si considera che i bambini, in quella società contadina primitiva,
erano nulla, non-persone. Un bambino non aveva quasi diritto alla vita.
Se suo padre non lo accettava come membro della famiglia, poteva
gettarlo per la strada e farlo morire di stenti oppure darlo schiavo. In
Matteo 18, 1 segg. si legge: «In verità vi dico: se non vi convertirete
e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più
grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi
bambini in nome mio, accoglie me». Gesù non ha una visione idilliaca,
idealizzata, della realtà infantile. I bambini dei ceti più umili sono
esposti allo sfruttamento, vivono per la strada, sono fastidiosi, in
qualche caso possono diventare perfino pericolosi. Eppure egli afferma
che bisogna diventare come loro. Egli è ossessionato dal male nel mondo,
la vita straziata dei bambini dei ceti sociali più umiliati, torna
spesso nella sua visione. Da questo suo continuo citarli può essere
derivata la confusione relativa a Matteo, 18, 6 dove invece i “piccoli”
non sono bambini.