Repubblica 3.5.16
Il personaggio
Ambientalista diventato
nuclearista Chicco Testa, prima di approdare nelle aziende pubbliche, è
stato anche deputato del Pci e poi rutelliano
L’eterno ritorno del boiardo vip così la rottamazione va in soffitta
di Filippo Ceccarelli
VERO
che a volte il potere, nella sua irridente incertezza, è crudele con
tutti e con ciascuno. Eppure, a tutt’oggi sembra quasi impossibile che
Chicco Testa diventi ministro (dello Sviluppo economico).
TALE
incredulità trova tuttora le sue ragioni in diverse, anzi molteplici
variabili: dai dubbi sui superstiti orizzonti della rottamazione ai
potenziali conflitti d’interesse del candidato, fino all’imminente
stagione estiva, irresistibilmente foriera di magnifici party, alcuni
addirittura e convenientemente sponsorizzati.
E se negli ultimi
anni il giornalismo, almeno in questo coerente con l’evoluzione della
vita pubblica, non è più in condizione di trascurare dicerie e
pettegolezzi, beh, anche a costo di innalzare la triste bandiera
rosicona tanto vale dire subito che il nomignolo con cui l’aspirante
ministro ha dovuto a lungo fare i conti era quello, del tutto assonante,
di «Chicco Festa». Soprannome contro il quale legittimamente l’ex
presidente dell’Enel e dell’Acea si è ribellato reputandolo «offensivo»,
comunque tale da dipingere il suo destinatario «come uno che mette al
primo posto il divertimento ». Quindi i piaceri, la buona tavola,
l’allegra compagnia, le ore piccole.
Ma qualcosa in realtà doveva
essere davvero cambiato in lui, nell’era Renzi. Qualcosa che arricchiva
l’era ambientalista primigenia, e poi l’era trasgressiva (fotoromanzo
sul giornale delle lucciole), ma pur sempre comunista; e dopo l’era
rutelliana, l’era capalbiana (dopo un’infinità di «Cafonal» culminata in
una foto in cui lo si vide ritto in groppa al suo bianco cavallo, a
nome «Doge»), quindi l’era sabaudina (con racconti di turbinosi amori) e
infine anche l’era del comando neo energetico e nuclearista,
quest’ultima culminata in una sorta di misterioso selfie «davanti al
sarcofago » - così l’auto-didascalia contenente «i resti del reattore
n.4 della centrale di Chernobyl ».
O almeno. Per quanto restii ai
controlli di coerenza, ai collezionisti di immagini e ritaglini non era
sfuggita una piccola, ma significativa lettera che Chicco Testa aveva
scritto al Foglio appena due mesi dopo la presa renziana di Palazzo
Chigi e che purtroppo non si può riportare nella sua interezza, pur
essendo un rimarchevole documento di questo tempo un po’ così.
E
comunque: «Conosco Matteo Renzi da quando non era sindaco di Firenze -
era l’esordio - e pur essendo molto più vecchio di lui possiamo dire che
c’è una certa amicizia ». Bene, in nome di questa Chicco Testa rivelava
un costante, sintomatico invio di suoi sms al premier in ore
antelucane; non solo, ma si faceva testimone e garante che la risposta
di Renzi «arrivava dopo un minuto», pure notificando alla pubblica
opinione di essersi segnato le ore: 5,15; 6,01; 5,49...
Ora, a
veder bene, la meticolosa rivelazione contabile lasciava immaginare un
insolito, ma impetuoso desiderio di impegno. Uno slancio di servizio e
di protagonismo che tuttavia, con necessario arbitrio, è possibile
collocare tra il nuovo che avanza e l’eterno ritorno, l’usato sicuro e
la capriola con avvitamento.
Per il resto, Chicco Testa è assai
meno antipatico della sua indubbia voglia di esserci, farsi notare e
possibilmente ammirare. Né la mondanità può essere rinfacciata come
antidoto al governo. Solo, sembrava destinato a un’altra carriera. Non
molto tempo fa, al teatro Parioli, aveva recitato Churchill. Nel cast
con lui l’onorevole Dambruoso, Myrta Merlino e Francesca Chaouqui.