lunedì 30 maggio 2016

Repubblica 30.5.16
Pd, la sinistra contro Franceschini
“Disonestà intellettuale sulle riforme, non facciamo il male del Paese”. Bersani: “Indignato”. Ma Renzi: “Neanche l’opposizione usa questi toni”. Di Maio: “Se perde il referendum non chiederemo le dimissioni del premier”
di Tommaso Ciriaco

ROMA. Se le danno di santa ragione mentre il quartier generale è assediato da grillini e lepenisti. Ecco il Partito democratico, a sei giorni dal voto. L’intervista di Dario Franceschini, naturalmente, non fa che peggiorare rapporti già logori. E scatena lo sdegno della minoranza dem: «È l’espressione imbarazzante di una profonda disonestà politica e intellettuale », si infuria Gianni Cuperlo. Mentre Pierluigi Bersani frena a stento i suoi, sulle barricate per gli affondi del ministro della Cultura: «La mia è un’indignazione muta». Più loquace è invece Matteo Renzi, anche lui proteso contro gli avversari interni: «Ogni giorno leader anche autorevoli cannoneggiano sul quartier generale - si lamenta su
Avvenire - con un linguaggio che non usano nemmeno le opposizioni più dure». Le comunali, insomma, bussano alla porta di un partito a dir poco agitato. Così tanto che Matteo Orfini, sconsolato, non può far altro che ripetere: «Se magari a tempo perso ci occupassimo anche di queste elezioni... ».
Disonestà intellettuale, dunque, questo l’atto d’accusa della minoranza contro Franceschini. Non è andata giù l’equazione del ministro tra il no al referendum costituzionale e chi fa il «male del Paese», né la rottura di una pax interna che, a dire il vero, i contendenti si rinfacciano a vicenda. E infatti: «Sono deluso - ammette Renzi - Avevo chiesto una tregua nella polemica. Neanche l’opposizione usa questi toni. Al congresso, comunque, vedremo chi ha la maggioranza». Botta e risposta, senza sosta: «Concordo con Cuperlo - replica Miguel Gotor - un eccesso di opportunismo produce sempre un surplus di disonestà intellettuale». Quasi minaccioso suona il senatore della minoranza Federico Fornaro: «La pazienza della minoranza ha un limite. Noi siamo persone leali e pretendiamo che gli accordi sul Senato elettivo siano rispettati senza furbizie».
Le opposizioni, intanto, già sembrano proiettate verso la battaglia d’ottobre sul referendum costituzionale. E prevedono tempesta dalle parti di Palazzo Chigi: «Se dovesse vincere il no - si sbilancia Luigi Di Maio, reggente del Movimento cinque stelle non saremo noi a chiedere le dimissioni del premier. Mattarella avrà un ruolo fondamentale, mi auguro che indichi agli italiani con quale legge elettorale si voterà ». Un ragionamento che dalla minoranza dem interpretano come un invito ai nemici di Renzi (interni ed esterni) ad abbandonare il premier al suo destino, senza dover temere elezioni anticipate. E torna a farsi sentire anche Silvio Berlusconi, impegnato da giorni in un intenso tour mediatico. «Questo non solo è un governo abusivo, ma illegittimo - ripete il leader di Forza Italia - Il combinato disposto riforme-Italicum porta Renzi ad essere padrone del partito, della Camera, dell’Italia. Una situazione del genere - giura il Cavaliere - non la si può chiamare che regime».