sabato 28 maggio 2016

Repubblica 28.5.16
Il piano del governo saranno vendute le carceri storiche in periferia le nuove
Regina Coeli, San Vittore e Poggioreale i primi istituti, poi altri nove
Li acquisterebbe la Cassa depositi
di Liana Milella

ROMA. Vendere San Vittore, Regina Coeli, Poggioreale, le tre carceri storiche più famose d’Italia, in cambio di penitenziari nuovi, all’avanguardia, dove scontare la pena non sia – come invece molto spesso è attualmente – una punizione aggiuntiva per via del sovraffollamento e delle strutture irrimediabilmente antiche. Una tortura più che una rieducazione, soprattutto quando fa troppo caldo o fa troppo freddo e una piccola cella deve ospitare più detenuti di quanti ce ne potrebbero stare. Come dice il ministro della Giustizia Andrea Orlando «c’è bisogno urgente di un modello di carcere diverso, che esca dall’attuale modello “passivizzante”, in cui stai in branda e non fai nulla in attesa che passi il tempo della pena, il presupposto giusto per la futura recidiva, mentre nei Paesi dove il carcere è studio, lavoro, sport la recidiva cala».
ALLA RIBALTA UN ANTICO PROGETTO
Alienare San Vittore, Regina Coeli e Poggioreale e “guadagnare” strutture moderne. Un progetto più volte vagheggiato, ma che adesso, per mano del Guardasigilli Orlando, sembra poter diventare realtà. Da una parte via Arenula, dall’altra la Cdp, la Cassa depositi e prestiti, che si è già misurata con esperienze di questo genere, come a Torino con la caserma, ormai ex, La Marmora, 20mila metri quadri convertiti in residenze e spazi collettivi del tutto restituiti alla città.
ADDIO A I MOLOCH DELL’800
Al ministero della Giustizia ne parlano con il dovuto riserbo, perché il progetto sta muovendo adesso i primi passi e indiscrezioni errate potrebbero danneggiarlo. Ma Orlando ne dà piena conferma. «Sì, ci stiamo lavorando, perché l’esecuzione della pena, come dimostra il lavoro fatto durante gli Stati generali della giustizia penale, presuppone di poter superare i “moloch” ottocenteschi, strutture con costi di manutenzione altissimi per servizi come lo smaltimento dei rifiuti o il riscaldamento. Edifici che, anche fisicamente, con lo schema di un corpo centrale e dei “raggi”, puntano solo alla sicurezza attraverso una segregazione che spinge i detenuti alla passività, senza alcuna logica riabilitativa». Ma soprattutto, spiega ancora Orlando, «carceri di un’altra epoca, superate dal punto di vista della sicurezza, a fronte di gravi fenomeni di radicalizzazione che stiamo vedendo in altri Paesi europei». Una preoccupazione, quest’ultima, di una drammatica attualità dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles.
UNA DOZZINA DI CARCERI
Il progetto di cui si sta ragionando tra via Arenula e Cdp potrebbe riguardare una dozzina di penitenziari, ma prenderebbe le prime mosse concentrandosi su tre di questi, peraltro i più importanti per storia, persone ospitate, localizzazione all’interno della città. Il carcere di San Vittore a Milano che attualmente ospita 750 detenuti. Regina Coeli a Roma, con i suoi 624. E Poggioreale a Napoli con ben 1.640 ospiti.
NUOVI SINDACI INTERLOCUTORI
Dice Orlando: «Il progetto comincia a prendere forma adesso e dopo le amministrative credo ci saranno anche le condizioni politiche per un confronto con le prossime amministrazioni locali. Non appena i nuovi sindaci si saranno insediati partiranno i colloqui».
MURA PREZIOSE
Che cosa stanno studiando Orlando e Cdp? Partendo dalle motivazioni e dagli obiettivi. È fin troppo evidente che carceri assai antiche – San Vittore risale al 1879 e allora fu previsto in una zona periferica rispetto al centro di Milano; Regina Coeli era originariamente un convento costruito a metà del 1600 e diventò carcere solo nel 1881; più “moderno” Poggioreale realizzato nel 1914 – non possono rispondere alle attuali esigenze di una corretta detenzione. Nonostante lavori interni e migliorie, che pure ci sono state in questi anni, le mura rimangono quelle. Mura invece molto preziose dal punto di vista urbanistico, perché ormai in zone centrali, tali da consentire una trasformazione e una riutilizzo per altre destinazioni economicamente molto vantaggiose. Una valorizzazione commerciale che va dalle residenze per i privati, agli spazi collettivi, agli alberghi.
TEMPO LIBERO E LAVORO
Orlando, che ha puntato molto della sua gestione ministeriale sul carcere dal volto umano, sulla “decarcerizzazione” ottenuta con pene alternative alla galera, ha già realizzato l’obiettivo di veder calata la popolazione carceraria e con essa la spina del sovraffollamento, per cui l’Italia ha rischiato una multa molto pesante dalla Corte di Strasburgo. Ma non basta qualche metro in più per ottenere una detenzione effetti-vamente rieducativa. Per questo servono strutture nuove, spazi per il tempo libero, zone per il lavoro.
IL CARCERE “DI TRANSIZIONE”
Spiega il ministro: «Nuove strutture ci devono consentire di superare l’attuale modello italiano, sui generis a livello europeo, perché segnato dalla dicotomia del dentro- fuori. Il detenuto o sta dentro oppure non ci sta. Non esiste, come in Germania o in Spagna una zona grigia, un carcere cosiddetto “di transizione”, in cui dentro si comincia a scontare una pena dura, ma poi si passa a una pena attenuata, anche lavorando ».
CDP E MANUTENZIONE
E qui l’esigenza di Orlando si può saldare con l’esperienza di Cdp. Il ministero potrebbe cedere le tre strutture. In cambio sottoscriverebbe il contratto per la costruzione di nuove carceri che verrebbero realizzate dalla Cassa e diventerebbero di proprietà del demanio. Cdp – cui andrebbe l’utile della messa sul mercato delle vecchie strutture dopo un’adeguata progettazione d’intesa con i Comuni e la conseguente ristrutturazione – potrebbe occuparsi della manutenzione, sempre sotto il controllo del ministero della Giustizia. Ovviamente tutto questo, dal punto di vista economico, sarebbe possibile perché in cambio la Cassa diventerebbe proprietaria delle carceri storiche.
NO ALLA PRIVATIZZAZIONE
Un fatto è certo, come dice Orlando, «è del tutto avveniristico in Italia pensare a carceri di proprietà dei privati e gestiti dai privati, come avviene negli Usa, dove il business ha avuto come effetti l’aumento del numero dei detenuti. Io sono contrario alla privatizzazione, credo che ci siano anche dei vincoli costituzionali, l’esecuzione della pena non può essere delegata a un altro soggetto. Nel nostro Paese poi, con la criminalità mafiosa, sarebbe addirittura inquietante ». Conclude Orlando: «Con il regime del 41-bis (il carcere duro per i mafiosi, ndr.) abbiamo riconquistato il carcere, adesso non possiamo rischiare di compromettere la situazione».