Repubblica 26.5.16
Quel fascio di luce che ci legge i pensieri
La Ue premia con 2,3 milioni il progetto di un team del Cnr
“Un fascio di luce per guarire i neuroni dopo un ictus”
di Elena Dusi
FIRENZE
Buio. Un fascio di luce verde investe un cervello di topolino mentre un
computer legge i dati dei suoi neuroni. Cellula per cellula, nei
laboratori di Firenze del Lens, il laser viene usato per disegnare
l’architettura del cervello, tracciarne l’attività e, in caso di
malattia (per ora solo sugli animali), riscrivere i neuroni malati
usando i dati ottenuti da quelli sani.
Lo European laboratory for
non linear spectroscopy dell’università di Firenze è anche una
infrastruttura nazionale del Consiglio nazionale delle ricerche ed è
stato costituito per “giocare” con la luce in tutte le sue forme. Più
che a un’installazione scientifica, assomiglia a un romanzo. Nella
stanza buia tagliata dal fascio laser, come dentro a un lettore cd, il
piccolo cervello del topo ruota e fa uscire la “musica” di tutti i suoi
neuroni. «Possiamo ricostruire quel che l’animale ha fatto nelle ultime
ore di vita» spiega Francesco Saverio Pavone, direttore del Lens,
professore di struttura della materia all’università di Firenze ed
associato al Cnr. «Se aveva svolto un esercizio, la mappa delle
connessioni dei suoi neuroni è probabilmente variata. E noi possiamo
vederlo». Lo stesso potrebbe essere fatto con un uomo, per capire se ha
provato dolore o paura prima di morire? «Teoricamente sì, ma per ora non
è nei nostri programmi».
L’Unione Europea ha appena premiato il
professor Pavone con un Advanced Erc: un finanziamento da 2,3 milioni di
euro. Il progetto su cui si lavorerà nei prossimi cinque anni si chiama
BrainBit. Punta a sviluppare, si legge nella presentazione, «un sistema
ottico capace di collegare due cervelli, consentendo lettura, scrittura
e trasferimento dei dati dall’uno all’altro». Telepatia? «No, per il
momento puntiamo a curare malattie» spiega Pavone. «Prendiamo un ictus.
Un evento così drammatico cambia la struttura del cervello. Se avessimo
fatto un back-up, tracciando in anticipo la mappa dei neuroni sani, dopo
la malattia potremmo provare a ridisegnare questa mappa. L’idea ci è
venuta da un esperimento in Brasile. Un topolino aveva imparato a
manovrare una leva. La mappa delle connessioni dei suoi neuroni era
stata trasferita su un altro topolino, che si era ritrovato capace di
manovrare la stessa leva».
«Leggere il cervello», nel gergo del
Lens, vuol dire osservare la posizione di ciascun neurone, ramificazioni
e connessioni incluse, con la risoluzione del micron (un millesimo di
millimetro). «Gli apparecchi per la risonanza magnetica usati negli
ospedali arrivano a un millimetro» spiega Pavone. «Il corpo di un
neurone è di circa 10 micron, all’incirca come i più piccoli fra i vasi
sanguigni». I fasci di luce permettono di osservare anche i geni
espressi nei neuroni in un determinato momento e i neurotrasmettitori in
azione. Il risultato è simile alla mappa di una città tracciata da
Street View, con strade, incroci, semafori, auto e pedoni.
Per
“camminare” fra i neuroni su uno schermo di computer occorre che il
cervello del topo sia stato prima trattato per diventare trasparente. Se
l’obiettivo è invece studiare uomini e animali in vivo, si devono usare
fibre ottiche soffici e sottilissime che penetrino nella materia
grigia. «I fotoni — spiega Pavone — sono poi in grado di riscrivere
l’architettura del cervello accendendo, spegnendo e modulando l’attività
dei neuroni». Le prime prove sui topolini colpiti da ictus hanno dato
buoni risultati, permettendo di riattivare in parte la capacità di
movimento. Ma quanto gli esperimenti siano trasferibili all’uomo, e
quanto due individui condividano la stessa “cartina” del cervello, è
ancora da capire. «Possiamo usare la mappa delle connessioni di una
persona per curarne un’altra? In che misura il cervello di un individuo
che ha praticato per esempio la meditazione è diverso? Dobbiamo ancora
stabilirlo» allarga le braccia (per il momento) Pavone.
Con la sua
potenza di fuoco, il Lens partecipa anche allo Human Brain Project, il
mega- progetto finanziato dall’Unione Europea con un miliardo di euro in
dieci anni. E se finora gran parte degli sforzi sono concentrati sui
misteri del cervello, al Lens si portano avanti anche studi su cuore,
tumori, occhi, staminali. «La luce può rivoluzionare il nostro modo di
studiare il corpo umano» spiega Pavone. «Gli apparecchi usati sono
ancora costosi e ingombranti. Ma in una decina di anni potrebbero essere
usati in ospedale».