Repubblica 26.5.16
La lezione di Gobetti sulla destra
risponde Corrado Augias
GENTILE
Augias, ho riletto da poco il suo saggio intitolato Il disagio della
libertà. Ricordavo le pagine conclusive sulla figura di Piero Gobetti,
morto in esilio a Parigi il 15 febbraio 1926 perseguitato dal fascismo.
Gobetti è stato uomo politico e scrittore nonché “formidabile
organizzatore di cultura” (primo editore degli “Ossi di seppia” di
Montale), come poi riconosciuto anche da Gramsci. Nel libro lei
sottolinea il suo lucido enunciato sul fascismo: “Autobiografia della
nazione”, anziché “parentesi nella storia d’Italia “ come voleva Croce.
Quell’enunciato può aiutarci a riconsiderare la discussa ma poderosa
ricognizione sul fascismo di Renzo De Felice, a vent’anni dalla
scomparsa dello studioso, ma anche il bellissimo film di Ettore Scola
“Una giornata particolare” in cui perfetta appare la fusione fra la
vicenda “privata” e il tronfio clangore che accompagnò la visita di
Hitler il 6 maggio del 1938. Autobiografia della nazione, appunto.
Andrea Mariotti, Roma — agrifoglio15@gmail.com
PROPRIO
quest’anno abbiamo ricordato (chi ha voluto farlo) i novant’anni dalle
morte di un giovane uomo che in venticinque anni di vita (1901-1926) è
riuscito a realizzare e a tramandare un enorme patrimonio intellettuale e
politico. Molto del meglio che il pensiero politico del nostro paese ha
saputo elaborare si può far risalire alla linea liberal-socialista che
fu anche di Gobetti, rasentò Antonio Gramsci, s’è brevemente incarnata
nel partito d’Azione (Parri, Lussu, La Malfa, Lombardi). Una linea che
si richiamava a Mazzini ed è arrivata fino a noi grazie a uomini come,
ad esempio, Norberto Bobbio. È la linea alla quale anche questo giornale
per più di un aspetto s’avvicina fin dalla nascita. Il signor Mariotti
ha ragione nel dire che una delle pronte intuizioni di questo giovane
uomo fu cogliere quanto di “autobiografico” ci fosse nell’affermarsi del
fascismo dopo la Marcia su Roma dell’ottobre 1922. L’editore Einaudi ha
ripubblicato nel 1995 “La rivoluzione liberale” di Gobetti prefata da
Paolo Flores D’Arcais. Si discuteva parecchio, allora, se il liberalismo
del giovane torinese (Questi suoi saggi sono del 1924!) fosse di destra
o di sinistra, data anche l’eco suscitata dal breve e illuminante
saggio di Bobbio intitolato appunto “Destra e sinistra”. Flores fece
un’osservazione che mi colpì: «L’attualità di Gobetti, scrisse, nasce al
permanere e anzi accentuarsi del problema cruciale dell’Italia: la
destra che non c’è». Anche oggi vediamo una destra debole, tentata da
una latente venatura fascistoide, pronta a ritrarsi su posizioni di
conservazione cieca, allora con Mussolini, negli anni appena passati con
Berlusconi, priva di slancio e di visione europea. Una vera destra non
c’era allora, continua a non esserci oggi. Illustrando il perché della
sua opposizione al fascismo, Gobetti scriveva: «Il presupposto di questo
libro è che l’Italia riesca a trovare in sé la forza per superare la
sua crisi e riprendere quella volontà di vita europea che parve
annunciarsi nel Risorgimento». Davanti all’attualità delle sue parole
viene purtroppo da chiedersi se si tratti di geniale preveggenza
dell’autore o dell’eterno ritorno degli stessi problemi.