Repubblica 26.5.16
Sottosuolo colabrodo e poca manutenzione l’Italia che ogni giorno sprofonda un po’ di più
Le
reti idriche perdono un terzo dell’acqua e per rattopparle i comuni
spendono un decimo rispetto a quanto si fa nel resto d’Europa: ecco
perché, in un Paese a rischio frane, anche le città si sgretolano
di Corrado Zunino
ROMA.
Millequattrocento voragini si sono allargate nel nostro paese, negli
ultimi 35 anni, per le ragioni più diverse. Sono 1.400, sì, quelle
certificate dal 1980 ad oggi dalla Protezione civile e dall’Ispra, ma un
lungo lavoro di ricerca e mappatura è ancora da fare. A Milano, per
restare in ambito urbano, due enormi buche hanno causato seri danni
negli ultimi sei anni. Nel settembre 2010 in viale Zara, per il
maltempo. Nel luglio 2014 in corso di Porta Romana, anche qui pieno
centro come Firenze, per i lavori di scavo di un palazzo vicino:
marciapiede e lastre di pietra sono state inghiottite dodici metri
sotto, la pioggia dei giorni precedenti ha avuto un ruolo.
L’acqua,
l’infiltrazione di acque, è il motore maligno degli sprofondamenti del
terreno. Bologna, autunno 2010: voragine alla stazione centrale,
cantiere dell’alta velocità, un container risucchiato. Crotone, febbraio
2011: pioggia e pioggia, poi il grande buco. Un mese dopo Ravenna,
vuoto in mezzo alla strada provinciale: un’auto dentro, due feriti. A
fine 2014 si è aperto l’asfalto in viale Unità d’Italia, a Bari: le
sollecitazioni degli autobus. C’è tutto il capitolo Napoli, territorio
con novecento grotte e scavi artificiali sotterranei.
Sinkholes,
si chiamano, in questo caso, i risucchi al centro della terra. Via
Strettola, un mezzo per la raccolta dei rifiuti scompare. Voragine in
piazza Luigi Miraglia. Quindici mesi fa in via Campanile, che cede sotto
il peso di un altro camion dell’immondizia: quattro palazzi e 38
persone sgomberate. Il 9 dicembre del 2015 due palazzine di Veterinaria,
Università Federico II, lentamente ma visibilmente si accartocciano.
Ancora Orciano di Pesaro, il quartiere Valverde di Catania, la Procida
del Postino. A Camaiore un quartiere è monitorato dal 1995.
L’acqua
s’infiltra, a volte nelle piane sabbiose di Firenze e Bologna, altre
nelle grotte tufacee che sostengono Napoli, altre ancora in anfratti
vulcanici dimenticati nei secoli che circondano la periferia est di
Roma. Il risultato è lo sprofondamento.
Gian Vito Graziano,
presidente nazionale dei geologi, ha lanciato l’allarme fragilità del
suolo italiano: su 700mila frane mappate in Europa, 530mila sono nel
nostro paese. Sul tema voragine Graziano dice: «Molte grotte delle città
costruite sul vuoto le scopriamo solo quando succede un accidente.
Diversi sprofondamenti sono indotti, poi, dalla cattiva manutenzione
quotidiana. Una delle cause è il pessimo stato della rete idrica». Gli
acquedotti italiani perdono in media il 32 per cento, con punte del 70.
L’acqua s’infiltra, dilava, porta via terreno e crea un vero e proprio
scavo sul quale prima o poi crolla tutto quello che c’è sopra. «I
gestori di acqua, ma anche di gas e luce, si preoccupano molto di quello
che corre nelle loro gallerie di servizi», dice il geologo, «ma poco di
quello che c’è all’esterno. Rompono, scendono, richiudono male. La
legge chiede di lavorare a fianco di un geologo, non la fa nessuno».
Nei
centri storici con il manto stradale cicatrizzato da Enel e compagnie
del gas il traffico crea inediti avallamenti, il consolidamento dei
terrapieni nuove fessure. Poi arriva l’acqua e scava i guai. «Spendere
in prevenzione e buona manutenzione costa dieci volte meno che riparare
il danno». I comuni della provincia sono pieni di geometri, privi di
geologi. Il geologo di quartiere è presente in due disegni di legge: si
sono arenati per mancanza di risorse.
Del fenomeno ( sinkholes e
sprofondamenti, non sempre collegati) si sta occupando la Struttura di
missione contro il dissesto idrogeologico. Il governo. Intende investire
100 milioni in strumenti di controllo. La spesa necessaria per
manutenere la rete idrica del paese è stimata in cinque miliardi l’anno,
80 euro per abitante. In Italia si investono solo 34 euro (dodici dove
la gestione è affidata ai comuni). In Francia 88 euro per abitante, in
Danimarca 129 euro.
Giovanni Valotti, presidente di Utilitalia,
federazione che riunisce le aziende di servizio, dice: «Le nostre
società non riescono a portare a termine gli interventi programmati per
una burocrazia autorizzativa infinita. E per questi ritardi continuiamo a
pagare multe pesanti all’Unione europea».