Corriere 26.5.16
Retorica e incultura, così l’Italia è sempre in emergenza
di Paolo Conti
Una
stessa, trasversale incultura, mina ciò che sorregge l’immagine, spesso
retorica, del Bel Paese: il patrimonio culturale, così come il
paesaggio e il territorio sul quale poggiano gli abitati.
Quell’incultura è l’incapacità di darsi politiche di prevenzione e di
manutenzione, strumenti che invece costituiscono quella solida cultura
civile che previene tragedie e rassicura una comunità nazionale. Con la
prevenzione e la manutenzione si tutelano i tessuti urbani e rurali, i
monumenti, le aree archeologiche, le foreste e i boschi, i corsi
d’acqua. Ma quelle due parole, in un’Italia abituata solo alle
emergenze, sono sconosciute a una classe politica in massima parte
incapace di occuparsi del futuro dei propri figli. L’ordine dei geologi,
una combattiva pattuglia di quindicimila professionisti guidati dal
presidente Francesco Peduto, calcola che delle 700 mila frane censite
nell’intera Europa ben 530 mila riguardano l’Italia. Le cause. Un
consumo violento del territorio, sempre più eroso e destabilizzato da
un’edilizia che tralascia la doverosa attenzione verso le
caratteristiche del terreno e delle falde idriche: in più bisogna
aggiungere il peso delle piogge, non più assorbite dalla terra. C’è,
parallelamente, una colpevole mancanza di mantenimento delle reti
idrauliche: i geologi ricordano sempre come tra il 30 e il 70% delle
società che gestiscono la distribuzione dell’acqua registrino
danneggiamenti, e quindi perdite, nelle tubature. Facile prevedere gli
effetti: l’infradiciamento di troppe aree, per non parlare di un costo
industriale annuo di 200 milioni di euro. Infine manca una adeguata rete
di «ascolto» del territorio che andrebbe assicurata giorno dopo giorno,
e non solo in seguito ai disastri, alle morti, alle tragedie.
Un’inversione di tendenza va registrata con la nascita di #italiasicura,
la struttura di missione a Palazzo Chigi contro il dissesto
idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche. Ma,
insistono i geologi, siamo ancora in una logica emergenziale, lontani da
una vera inversione di cultura. Disgraziatamente per questo Paese, la
mancanza di manutenzione e di prevenzione mina tanti beni monumentali e
storici, archeologici, paesaggistici. La (il)logica è la stessa che
sfigura e sfrutta il territorio. Ed è il lato più indegno di un’Italia
che ostenta il Bello a parole ma con i misfatti apre sempre più spazio
all’Orrore.