Repubblica 25.5.16
Questioni americane
Ma quante donne voteranno Trump?
di Alexander Stille
Un
fattore chiave di questa elezione sarà il voto delle donne. Da almeno
vent’anni, il partito repubblicano soffre per via del cosiddetto gender
gap, il deficit del voto femminile. Nel 2008, Barack Obama vinse grazie
al sostegno del 56 percento delle donne votanti, mentre solo il 49
percento degli uomini lo votò. In queste elezioni potrebbe essere ancora
più importante, come dimostra la recente controffensiva di Trump contro
Hillary Clinton e i peccati del marito Bill. Ma Trump ha molto lavoro
da fare: secondo sondaggi recenti, il 73 percento delle donne ha
un’impressione negativa del candidato repubblicano.
Da sempre,
Trump ostenta il suo machismo vecchio stile — vantandosi ossessivamente
della sua virilità, e trattando le donne con un miscuglio di galanteria e
scioccante misoginia. «Non importa quello che scrivono di te se vai in
giro con una bella figa», diceva in un’intervista del 1991. Quasi sempre
si riferisce alle donne per il loro aspetto fisico. «Cani», «maiali
grassi », «animali disgustosi» sono alcuni degli appelativi che ha
riservato alle donne che lo hanno criticato.
Stranamente, Trump
non ha moderato molto i toni in campagna elettorale. Attaccando il
candidato Carly Fiorina, ex manager: «Chi voterebbe per una faccia
così?». Quando una giornalista di
Fox News gli ha fatto qualche
domanda un po’ scomoda Trump ha risposto che chiaramente aveva il ciclo:
«Le sta uscendo sangue dappertutto ». Evidentemente Trump ha una
fissazione e un forte disgusto per certi aspetti del corpo femminile. Ha
chiamato «disgustosa» una donna avvocato che è uscita da una riunione
per allattare e ha usato ancora la parola «disgustoso» quando Hillary
Clinton è andata al bagno durante un dibattito.
Nelle primarie,
queste uscite non lo hanno danneggiato troppo: sono servite in parte a
dimostrare che era un candidato “diverso”, un uomo vero che non fingeva
per prendere qualche voto in più. Il richiamo al maschilismo vecchio
stampo è parte di una battaglia culturale: un rifiuto del “politicamente
corretto”, della paura di offendere donne, neri, ispanici e musulmani e
un ritorno ad un’America del passato dove gli uomini, soprattutto
quelli bianchi, comandavano e gli Usa erano più forti. Ma per vincere a
novembre deve riguadagnare il consenso delle donne. E lo fa, come
sempre, attaccando.