Repubblica 25.5.16
Sanders non molla Hillary
Hillary: no al duello tv. Primarie a oltranza
Lo staff del senatore: “Solo lui può battere The Donald”
Ma nel partito c’è chi teme così di perdere a novembre
di Federico Rampini
Il
nome di Tafazzi non è entrato nel linguaggio politico americano. Ma la
sostanza delle accuse di Hillary Clinton a Bernie Sanders evoca proprio
quello: una sinistra autolesionista, che fa del suo meglio per perdere.
Restando in corsa per la nomination, Bernie starebbe danneggiando la
favorita. L’irritazione di Hillary traspare dal suo “gran rifiuto” di
ieri: ha negato a Sanders un duello televisivo prima delle primarie in
California. Per far pressione su Sanders scendono in campo molti
esponenti del partito, da ultimo il senatore di New York Chuck Schumer.
Ma
c’è da stupirsi, se Bernie non si ritira? Come minimo, pur piazzandosi
secondo per voti e delegati, vuole arrivare alla convention di luglio
per condizionarla. E costringere Hillary a sposare una piattaforma più
di sinistra sui temi sociali che gli stanno a cuore. Ma non ha
abbandonato la speranza (sia pure remota) di poter battere Hillary in
California e con un colpo simile rimettere in discussione la nomination.
La sua pervicacia, vista dal versante di Hillary, è distruttiva.
Prolunga lo scontro interno al partito democratico. Radicalizza i
seguaci di Sanders, rendendo più difficile ricompattare tutte le anime
della sinistra in vista dello scontro finale. Distrae Hillary da quello
che dovrebbe essere lo sforzo principale, cioè attaccare Donald Trump.
Insomma è la solita sindrome della sinistra radicale che gioca a far
perdere i suoi? Anche perché Sanders nel linguaggio che usa per
condannare l’establishment politico venduto alle lobby, non sembra fare
molte distinzioni tra politici democratici e repubblicani. Un po’ come
Ralph Nader, il candidato verde che nel 2000 prese un misero 0,4 % dei
voti, sufficienti però (con l’aiuto dei brogli e della Corte suprema) a
regalare la Casa Bianca a George Bush. Alla fine Sanders si macchierà di
una colpa storica, agevolando la vittoria di Trump?
La narrazione
che viene dal campo di Sanders è molto diversa. E gli sviluppi degli
ultimi giorni impongono di prestarle almeno un po’ di attenzione.
Anzitutto le primarie: ne ha vinte molte nell’ultima tornata, compreso
il caucus di Washington. Poi i sondaggi. Per quel che valgono, dicono
che è in atto una spettacolare rimonta di Trump sulla Clinton, il tycoon
newyorchese avrebbe annullato l’ampio vantaggio di Hillary e sarebbe
ormai al pareggio virtuale. Al contrario, in caso di duello
Sanders-Trump gli stessi sondaggi continuano ad assegnare a Sanders una
decina di punti di vantaggio. Infine c’è l’ennesimo scandalo o presunto
scandalo di molestie sessuali che Trump ha tirato fuori contro Bill
Clinton. Sondaggi e scandali convergono nel dire una cosa: Hillary ha
molte debolezze, che si possono riassumere in una sola, lei è percepita
come un’esponente dell’establishment. Con tutti i segni negativi che
questo comporta: dal peso della sua storia passata, ai legami con Wall
Street. La novità della prima donna che può diventare presidente viene
quasi cancellata dal fatto che questa donna è una professionista della
politica da sempre, fa parte di quelle élite contro le quali soffia
impetuoso il vento del populismo. Sanders fa politica da una vita anche
lui, ma è sempre rimasto ai margini dell’establishment, in tutti i
sensi. Non era neppure iscritto al partito. È senatore di un piccolo
Stato rurale del profondo Nord. È sempre stato una voce fuori del coro.
Non ha preso soldi dalle lobby. Per questo Sanders si sente non solo
autorizzato ma obbligato a continuare la sua campagna: convinto che per
battere Trump è proprio lui il cavallo giusto. D’altronde ha dalla sua
un precedente storico: anche Hillary nelle primarie del 2008 andò avanti
a oltranza prima di cedere le armi a Barack Obama.
Naturalmente i
ragionamenti sui sondaggi sono effimeri. Valgono oggi, non descrivono
quel che può accadere in 5 mesi. Non tengono conto di quel che accadrà
nel calore dello scontro finale. Per esempio, mentre Trump è stato
veloce a sfoderare gli scandali dei Clinton, finora ha attaccato
raramente Sanders. Se il senatore del Vermont arrivasse davvero in
finale, la destra lo denuncerebbe come un pericoloso socialista, pronto a
sferrare una formidabile stangata fiscale su tutto il ceto medio per
finanziare progetti “statalisti” come il sistema sanitario nazionale.
Sanders respinge le accuse di lavorare per il re di Prussia, e alla Cnn
dichiara: «Se la nomination andrà alla Clinton, farò di tutto per
impedire che Trump conquisti la Casa Bianca».