Corriere 25.5.16
Il wrestling sulle molestie fra Trump e Bill Clinton
di Maria Laura Rodotà
Lo
scontro Trump-Clinton sulle molestie alle donne è come un torneo di
wrestling: nessuno bada a quel che è vero e a quel che è falso, nessuno
soffre per i contendenti, tanti lo seguono perché è, in un suo modo
lurido, spettacolare. Il momento più alto ovvero basso, finora, è stato
quando, lunedì, Donald Trump ha postato su Instagram (il dibattito
elettorale lambisce Instagram) un video in bianco e nero drammatico ed
efficace. Con una Casa Bianca, un Bill Clinton in sovraimpressione con
un sigaro in bocca (citazione di trascorsi con Monica Lewinsky), e fuori
campo due voci di donne che lo accusano di molestie, e alla fine
Hillary che ride, si presume per altri motivi.
Prima, il New York
Times aveva pubblicato un’inchiesta sul Trump anti-donne, con meno
notizie del previsto: storie di ragazze ridotte in lacrime ai suoi
concorsi per Miss Usa e Universo, storie di impiegate e miss insultate
perché erano ingrassate, storie che da Trump ci si aspetta. Poi, è
partita l’offensiva di Trump, che accusa Hillary di essere stata una
«enabler», una che tollerava e accettava il dongiovannismo di Bill. Poi,
ieri, è uscito un nuovo prodotto della clintoniana «oppo research», la
ricerca di magagne dell’oppositore: un’intervista a Trump del 1998, in
cui critica Bill. Non per aver fatto danni in giro; per averne fatti con
donne per Trump brutte perciò «loser», perdenti. Inadatte a un
presidente che — diceva allora Trump — «è stato fantastico».
Non
fantastica è questa campagna elettorale, la lotta nel fango tra sfidanti
impopolari, e la sensazione che le elettrici decideranno a prescindere
dagli insulti dell’uno e dai pasticci passati del marito dell’altra (c’è
stata anche la mega-gaffe dell’ex governatore democratico della
Pennsylvania Ed Rendell: ha previsto che «Trump verrà sconfitto dalle
donne brutte»; poi si è scusato; poi si sa che tantissime donne si
sentono brutte, magari è un’arma contro Trump).