mercoledì 25 maggio 2016

Repubblica 25.5.16
Il trascendente come rifugio
risponde Corrado Augias

GENTILE signor Augias, da qualche tempo, su queste colonne, molti interventi suoi e del fondatore Scalfari affrontano argomenti di carattere religioso. Cosa un po’ rara per un giornale laico. Il discorso verte principalmente nell’ambito del cristianesimo perché, per dirla con Croce, “non possiamo non definirci cristiani”. Credo che un certo bisogno di rapportarsi all’Alto oggi sia avvertito da molti esseri pensanti, anche grazie al profeta Francesco, a causa del sostanziale fallimento di tutte le varie dottrine immanenti che l’uomo si è inventato per tentare il governo delle cose del mondo. La predicazione di Cristo, applicata alla vita pratica, forse avrebbe potuto bastare a dare maggiore armonia ai viventi e alle loro incombenze materiali. Così non è stato. Sembra che l’ego, che sta rapidamente scivolando nell’egolatria, stia sempre più prevalendo sul noi, inteso come cura della comunità solidale. Allora torniamo a rivolgerci alla trascendenza: rifugio per trovare quiete e fiammella che alimenta la speranza di lenire almeno le sofferenze dell’umanità.
Matteo De Salvia

NON posso in alcun modo parlare a nome di Eugenio Scalfari, mi limito a dire le ragioni del mio interesse personale per i problemi religiosi e per la vita terrena della Chiesa cattolica. Una domanda che del resto mi viene spesso rivolta con tanta maggiore curiosità da chi sa che non ho un credo di appartenenza. Le parte più semplice della domanda è quella che riguarda le attività della Chiesa, data l’influenza che l’intromissione delle gerarchie nella nostra vita pubblica torna spesso ad avere. Sulle faccende di questo mondo, la Chiesa difende concreti, solidi interessi terreni i quali però quasi mai coincidono con quelli dell’intera collettività. Esempi classici: pagare le tasse sui suoi immobili, acconsentire ad una più equa ripartizione dell’8 per mille, non interferire con arroganza nella vita legislativa e via di questo passo. In anni non molto lontani si è arrivati addirittura a palesi scambi di utilità: benevolenza politica contro concreti vantaggi pratici. L’ultimo caso è rappresentato dalle reazioni accese alla legge sulle unioni civili. Ancora una volta s’è notato un diverso atteggiamento: discrezione della Segreteria di Stato, chiassose proteste del vertice dei vescovi italiani. C’è poi una seconda parte della risposta che non riguarda aspetti e interessi mondani. Dieci anni fa chiesi al noto biblista professor Mauro Pesce se era possibile tracciare un “profilo storico” di Gesù. Acconsentì. Ne venne un libro (“Inchiesta su Gesù” — Mondadori ed.) che ebbe larga diffusione. Da allora non ho più cessato di interessarmi a questa immensa figura. Sono arrivato alla conclusione che, spogliato dalla teologia che tende ad addolcirlo e in certo senso a nasconderlo, Gesù di Nazareth diventa più drammatico, molto più affascinante. Si vede meglio un uomo che ha messo in gioco la sua stessa vita per predicare la riforma spirituale dell’ebraismo. Basterebbe il discorso delle Beatitudini a farne un gigante della storia umana. Ecco perché, quando è possibile e opportuno, torno a scriverne.