Repubblica 23.5.16
Ora Hillary insegue Trump
La rabbia dell’America che ci avvicina al salto nel buio
Trump spaventa Hillary adesso il tycoon è avanti nei sondaggi
In due rilevazioni supera la Clinton: la corsa è aperta Ma 6 su 10 danno un giudizio negativo su entrambi
di Vittorio Zucconi
È
lo stesso vento, gonfio di paure e di collera, quello che soffia ormai
dalle Alpi alle Montagne Rocciose e che sta rendendo pensabile
l’impensabile e possibile l’impossibile: che Trump possa essere il
prossimo Presidente degli Stati Uniti.
Ora che i sondaggi
confermano quello che alcuni di noi temevano fino dallo scorso autunno e
mettono Donald Trump in perfetta parità con Hillary (quello di Abc/Wp
dà addirittura in vantaggio Trump sulla Clinton)la natura della sua
“resistibile ascesa” si fa sempre più chiara: il voto, se voto sarà, non
è un’espressione di favore per lui o per le sue sgangherate e
irrealizzabili proposte. È un grido di rabbia contro l’esistente. Una
ribellione che si qualifica non per ciò che vuole, ma per ciò che non
vuole più.
Sotto la superficie dei sondaggi generali, che a a sei
mesi dal voto di martedì 8 novembre restano, soprattutto ricordando la
bizantina complessità del sistema elettorale americano, una curiosità,
il dato impressionante è infatti l’ostilità che i due contendenti
suscitano. Sei elettori su dieci hanno, di Hillary come di Donald, una
opinione negativa, una proporzione uguale, mai registrata dagli istituti
di ricerca da quando esistono i sondaggi.
Trump e Clinton sono i
due voti della stessa medaglia, l’uno l’immagine allo specchio
dell’altra, con i connotati rovesciati: Hillary è il volto
dell’establishment, è la conferma dell’esistente. The Donald – lo
affermano i suoi sostenitori – è il cambiamento. Qualunque sia il
rischio che il cambiamento comporti.
Non è quindi la sua forza a
gonfiargli le vele, è la debolezza dell’avversaria. Lei coagula attorno a
sè tutto ciò che milioni di americani, e non soltanto poveri o
ignoranti, detestano, accusando “il potere” di averli penalizzati,
esclusi o esposti alla minaccia esistenziale dell’immigrazione e delle
minoranze, quella minaccia che ha reso seria la candidatura di
estremisti di destra in Europa. Lui è l’ “antipotere” e neppure il
paradosso di un miliardario arricchitto dalla speculazione immobiliare e
dall’elusione fiscale che inveisce contro la casta dissuade chi
preferisce il salto nel buio al cammino faticoso lungo il vecchio
sentiero.
Trump può vincere, perché da quel formidabile
specialista di “marketing” che è ha fiutato istintivamente il vento di
burrasca. Clinton può perdere perché veleggia contro quel vento e la
novità del suo essere la prima donna nella storia americana con serie
possibilità di vittoria è affievolita dal suo apparire non come la
storia di domani, ma come la riedizione della storia di ieri.
In
democrazia, il voto “contro” è perfettamente legittimo e valido quanto
un voto “per” e quello che scandalizza un elettore, mobilita un altro.
Trump sta facendo, alla democrazia americana, ciò che per anni ha fatto,
con successo, all’economia: ha imparato a usarla contro se stessa e a
trattare i cittadini come clienti ai quali vendere e come spettatori da
sedurre. Clinton fa appello alla faticosa, noiosa razionalità del
governare. Trump stimola l’eccitazione del cambiamento, la voglia di
mandare messaggi e segnali. Per questo cresce. La tentazione di
abbandonarsi al vento è forte.