Repubblica 23.5.16
L’inchiesta.
Viaggio tra gli iscritti
dopo le dichiarazioni della ministra Boschi. Non tutti sono d’accordo
con i vertici sul voto al referendum ma “nessuno può trattarci come
CasaPound”
Il dilemma dell’Anpi tra no e dissidenti “Ma non diteci chi sono i partigiani veri”
L’associazione
dei partigiani italiani, presieduta da Carlo Smuraglia, ha votato e a
maggioranza si è schierata per il No al referendum
di Paolo Griseri
SBOTTA.
Certamente arrabbiato ma soprattutto stupito: «Questa è bella. Sono
arrivato a 90 anni per farmi spiegare dal ministro Boschi quali erano i
partigiani veri? Roba da matti». Cesare Alvazzi ha combattutto nella
Resistenza sulle montagne della val di Susa, a cavallo tra l’Italia e la
Francia, in provincia di Torino. Non si aspettava di dover rispondere a
domande su quali siano le intenzioni di voto dei partigiani al
referendum costituzionale di ottobre: «Io voterò no. Seguo l’indicazione
del nostro presidente nazionale, Carlo Smuraglia. È un partigiano di
cui mi fido. Faccio male?».
La polemica sul voto dei partigiani
esplode di domenica pomeriggio ma covava da qualche giorno. Prima la
battaglia dell’Anpi nazionale con i segretari provinciali di Trento e
Bolzano, Orfeo Donatini e Sandro Schmid, contrari a costituire comitati
per il “no»” al referendum così come ha deciso il recente congresso
nazionale. Poi la scelta di Renato Tattini, 76 anni, di dimettersi
dall’Anpi provinciale di Bologna perché «non condivido la decisione di
vietare ai dirigenti di aderire ai comitati per il ‘sì’».
Decisione
che si fa forte dello statuto associativo e della recente scelta
collegiale: «Al congresso nazionale di Rimini - dice Anna Cocchi,
responsabile dell’Anpi di Bologna - la linea del “no” al referendum è
passata con 347 si e 3 astensioni. Adesso spuntano quelli che non sono
d’accordo. Ma dov’erano quando ci sono stati i congressi? Ne abbiamo
fatti 57 su tutto il territorio nazionale». La minoranza silenziosa. Ma
perché espellerli? O vietare di fare propaganda per il “sì”? «Nessuno
vieta nulla. Se un’associazione decide una linea, dopo ampia
discussione, e qualcuno dei suoi dirigenti non è d’accordo può
certamente esprimere la sua posizione personale. Ma non organizzare le
manifestazioni pubbliche per sostenere la posizione contraria. È una
questione di serietà».
Uno dei partigiani dissidenti rispetto alla
linea nazionale è Germano Nicolini, nome di battaglia Diavolo, che in
un’intervista dei giorni scorsi aveva annunciato: «Andrò a votare “sì”
perché il mondo va veloce e bisogna velocizzare anche le decisioni. Ma
non sono d’accordo a toccare i principi fondanti della Costituzione». È
questa sua frase che ha spinto Maria Elena Boschi a parlare dei
«partigiani veri che votano “sì”». «Se si vuole dire che ci sono persone
che hanno fatto il partigiano e che votano a favore della riforma, non
mi stupisce», spiega Ermenegildo Bugni, 90 anni, partigiano bolognese
come Nicolini. «Ma c’è una bella differenza tra dire che i partigiani
veri votano “sì” o dire che ci sono dei veri partigiani che voteranno
“sì”». Una distinzione abbastanza semplice anche se difficile a far
comprendere nell’era degli sms. Il problema sta nella metamorfosi che ha
inevitabilmente compiuto l’Anpi negli ultimi anni. L’anagrafe ha
portato via gran parte di coloro che hanno partecipato alla lotta di
Liberazione. Così, all’inizio degli anni Duemila, si è deciso di
allargare l’adesione anche agli antifascisti, persone giovani che
condividono i valori della Resistenza: «Personalmente ero favorevole a
trasformare l’Anpi in una fondazione», ricorda Bugni. Ma aggiunge:
«Capisco le ragioni di chi ha poi deciso di rimanere associazione e di
far entrare i più giovani. Certo, questo ci ha esposto al rischio della
strumentalizzazione politica. Il rischio che l’Anpi, in certi circoli,
diventi il campo di battaglia tra Pd, Rifondazione e altre sigle della
sinistra». Come voterà a ottobre? «Voterò “no” perché penso che sia il
modo migliore per difendere quei principi per cui ho combattutto e per
cui i miei compagni sono morti».
La polemica sul voto partigiano
promette di proseguire a lungo: «Oggi tocca a noi, domani toccherà
all’Arci e ad altre associazioni. C’è un atteggiamento offensivo e
decisamente sproporzionato da parte di alcuni esponenti del governo»,
dice Maria Grazia Sestero, responsabile dell’Anpi di Torino. Che
lamenta: «Prima ci trattano come CasaPound, poi ci spiegano quali sono i
veri partigiani. Un po’ di sobrietà non guasterebbe».
Mario
Anderlini ha 99 anni, è medaglia d’argento: «Sono il comandante
partigiano che ha liberato l’accademia militare di Modena», ricorda con
orgoglio. «Ho combattuto per la libertà dell’Italia. Sono d’accordo a
fare tutto per difendere la Costituzione, quella per cui io ho rischiato
la vita e tanti miei compagni l’hanno persa». Dunque come voterà? «Non
glielo dico. Abbiamo combattuto per un voto libero. E il voto è libero
perché è segreto».