Repubblica 22.5.16
Quello che non ti aspetti dai ragazzi di oggi
Le nuove generazioni viste dal critico letterario Filippo La Porta
Sono sempre connesse e preferiscono un sapere concreto: fatti, non solo libri
di Maurizio Ferraris
Secondo
Filippo La Porta ( Indaffarati, Bompiani) i “giovani d’oggi” (per usare
una espressione con cui venivano designati i giovani di ieri, all’epoca
in cui erano giovani) sono tutt’altro che passivi: sono attivissimi.
Sdraiati (secondo la caratterizzazione di Michele Serra) magari sì, ma
per digitare, dunque indaffarati. Impegnati a scambiare, condividere,
collaborare, in una ideologia comunitaria (lo sharing, la condivisione)
lievemente paradossale, perché sorge da una atomizzazione sociale in cui
spesso neppure lo spazio è condiviso: ognuno a casa sua, eppure c’è chi
mette i sottotitoli a un film in inglese e chi alimenta le voci di
wikipedia.
Dunque, non siamo entrati nel post-umano, ma in un
diversamente umano. L’etica come impegno personale prevale sulla
ideologia come costruzione collettiva e deresponsabilizzante. La cultura
non appare più come un ornamento o uno strumento di potere e di
carriera, ma come formazione personale, e l’esperienza prevale
sull’erudizione. E l’intelligenza, suggerisce La Porta, si presenta come
una relazione tra ciò che uno dice e ciò che uno fa (ciò che può
apparire controintuitivo per chi fosse cresciuto nel culto della
furbizia) rifiutando l’idea farisaica per cui il valore morale di una
persona stia solo nelle idee che professa e nei libri che ha letto o che
è solito citare. Sono perfettamente d’accordo con La Porta sulla
critica del farisaismo e sulla necessità (e vitalità) dell’umanismo, ma,
invece che sul piano della generazione, la metterei su quello
dell’epoca. L’epoca in cui viviamo (bambini, giovani, vecchi), è il
risultato del fallimento delle ideologie come regola di comportamento
collettivo, e di una esplosione di tecnologie che semplificano l’accesso
alla cultura e favoriscono la presa di posizione individuale, ed è
dunque a giusto titolo più portata a valorizzare, in ogni fascia d’età,
il nesso tra cultura ed esempio individuale. Che per fortuna è sempre
esistito: Nicola Chiaromonte (1905 – 1972) o Platone, di cui La Porta
cita le frasi in difesa della coerenza tra pensiero e vita, non sono
giovani d’oggi.
Questa è la buona notizia. La cattiva è che il
farisaismo, la dissidenza immaginaria rispetto a quello che non va e la
dissidenza reale tra il dire e il fare non scompare certo con un cambio
di generazione o d’epoca, essendo una tentazione perenne dello spirito
umano. Ma ce ne faremo una ragione: ogni epoca ha i suoi tromboni di
ogni sesso ed età, così come ha i suoi bugiardi, i suoi furfanti, i suoi
imbecilli. Considero uno dei vantaggi della nostra epoca
post-postmoderna la possibilità – da perseguirsi, ovviamente, con
impegno e rischio personale – di poterli chiamare con il loro nome.