Repubblica 22.5.16
Gianni Cuperlo (sinistra dem): “per piacere, lasciamo stare Berlinguer”
Non
condivido che si usi il referendum come checkpoint di una maggioranza
futura. Se il premier lo fa, non mi troverà a fare il tifo
“Troppe divisioni, se va avanti così io sto fuori”
intervista di Giovanna Casadio
ROMA.
Se si trasforma il referendum costituzionale nello spartiacque di una
nuova maggioranza politica, Gianni Cuperlo, leader di Snistra dem, dice:
io non ci sarò.
Cuperlo, sembra un mistero come voterà la sinistra dem al referendum costituzionale. Può dire una parola chiara?
«Da
qui ai ballottaggi il mio primo impegno è vincere nelle città. Detto
ciò il mistero per me è per quale motivo si voglia fare della
Costituzione una sciabola che divide l’Italia tra il bene e il male
assoluti. Anche perché, il giorno dopo quel Paese bisognerà tenerlo
unito».
Però non ha risposto.
«In Parlamento la riforma l’ho
votata e temo che un altro passaggio a vuoto sarebbe un danno. Ma non
condivido che si usi il referendum come il checkpoint di una futura
maggioranza politica. Se il premier lo fa non mi troverà a fare il tifo.
E non perché voglio male a lui, ma perché voglio molto più bene al
centrosinistra».
Se il referendum è il vero congresso del Pd, allora lei voterà un No anti Renzi?
«Ma
Renzi per me non è l’ispettore Clouseau e non vivo nell’ansia di come
eliminarlo. La mia sola cura è per un Pd che non smarrisca l’anima di sé
cambiando indirizzo di casa e ragione sociale. Quanto al congresso, se
dici che perdendo lasci la politica è evidente che scegli tu di
anticiparlo in quelle urne».
La fine del bicameralismo è stata una battaglia anche di Berlinguer?
«Per piacere lasciamo in pace Berlinguer».
Il premier sostiene che la vittoria del No consegnerà l’Italia al “paradiso degli inciuci”, all’ingovernabilità. È così?
«Io
vedo toni alti e contraddizioni a partire dalla destra e dai 5 Stelle.
Dopo di che quando si parla della Costituzione tutti dovrebbero provare a
ridurre le distanze. Uniti sulle regole, divisi sulle soluzioni ai
problemi. Invece a volte si ha l’impressione che sia l’opposto».
Teme Verdini alleato del Pd?
«Non
c’entra nulla con noi. Tra due settimane si vota alle amministrative e
non si decide solo chi deve tappare i buchi nelle strade. Sono in gioco
persone, idee, principi. A me preme vincere ma non è possibile allearsi
con chi abbiamo combattuto per vent’anni perché quella non è politica
smart, è trasformismo».
Fino ad ora, sostiene il premier, i governi sono durati “meno di un gatto in autostrada”.
«Non
sapevo del gatto ma ha ragione. Il punto è che da vent’anni si riduce
quel problema a una questione di regole trascurando la crisi della
politica, delle élite e della partecipazione. La storia non comincia mai
all’alba di ieri».
Pensa che sia scontata la vittoria del Sì?
«Non lo so. Penso che conteranno molto linguaggio, stile e disponibilità a discutere»
Ma se Renzi perde è giusto si dimetta?
«A
Renzi semmai chiedo di governare con più coraggio. Bene il segnale
dall’Europa ma la fotografia dell’Istat è fulminante. Oltre 2 milioni di
famiglie senza reddito da lavoro mentre le ricette economiche seguite
finora non hanno consolidato la ripresa. Abbiamo avanzato proposte su
lavoro, fisco, povertà, spero ci si possa ascoltare.
Anpi. Va chiesto ai partigiani di non perseverare sulla linea del No?
«Chi ha fatto il partigiano va rispettato sempre, qualunque posizione esprima».