Repubblica 22.5.16
Dai costituzionalisti alle toghe ecco i “separati in casa” del voto che cambia la Carta
di Carmelo Lopapa Liana Milella
ROMA.
Il referendum costituzionale divide la politica, le associazioni, la
società civile e tanto più magistrati e giuristi. Tra le novemila toghe
ci sono quelle dichiaratamente schierate contro la riforma Renzi-Boschi,
come il procuratore di Torino Armando Spataro, che ha aderito al
comitato dei 56 costituzionalisti per il no. Spataro è un noto esponente
della corrente di Area, il gruppo di sinistra della magistratura, i cui
aderenti sono contro il referendum anche se il gruppo nella sua
interezza non si iscrive a nessun comitato, come invece ha fatto, al suo
interno, Magistratura democratica. Lo storico gruppo delle “toghe
rosse” ha aderito al comitato del no già da mesi.
È per il Sì
invece l’attuale sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri,
magistrato in aspettativa, ex leader della sua corrente, Magistratura
indipendente. Proprio nel “parlamentino” dell’Anm ieri si sono scontrate
Md e Mi, da una parte i primi favorevoli a garantire che i magistrati e
i gruppi possano aderire ai comitati, gli altri contrari. «All’Anm sono
iscritti i singoli magistrati, non certo i gruppi, né l’Anm controlla i
gruppi e la loro linea. Quindi la libertà di esprimersi sul referendum
va data ai “singoli magistrati”» diceva ieri il capo di Mi Antonello
Racanelli. All’opposto Md si è battuta per eliminare quell’aggettivo
“singoli” e parlare solo di “magistrati”.
Non meno diviso il
fronte dei giuristi. Nell’elenco di quelli per il no spiccano noti ex
giudici e ex presidenti della Consulta, nell’ordine Francesco Amirante,
Franco Bile, Francesco Paolo Casavola, Enzo Cheli, Riccardo Chieppa, Ugo
De Siervo, Giovanni Maria Flick, Franco Gallo, Guido Neppi Modona,
Valerio Onida, Romano Vaccarella, Paolo Maddalena, Gustavo Zagrebelsky.
Sul fronte opposto i giuristi per il Sì, a partire dall’ex giudice della
Consulta Sabino Cassese, Stefano Ceccanti, Cesare Pinelli, Beppe
Caravita, tutti della Sapienza di Roma, poi Marco Olivetti della Lumsa,
Carlo Fusaro docente a Firenze, Francesco Clementi di Perugia, Marilisa
D’Amico della Statale di Milano, Andrea Morrone di Bologna e Tommaso
Frosini di Napoli. Ceccanti sta lavorando a un manifesto dei 100
costituzionalisti per il Sì, con molti giovani, da contrapporre ai 56
del No.
Sul fronte politico, il dibattito è acceso solo a
sinistra. Dato che M5S, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia sono
schierati per il No e Area popolare di Alfano per il sì. Ma è un
dibattito che non vede apertamente in trincea in chiave antirenziana
nemmeno la sinistra dem. Pierluigi Bersani ripete di essere dalla parte
del Sì, a meno che il premier Renzi non metta al bando chi dentro il
partito è intenzionato a schierarsi contro. Ma anche l’ex capogruppo
Roberto Speranza è schierato per il sì.
Il clima a sinistra si
arroventa soprattutto fuori dal partito. Susanna Camusso, leader Cgil,
dice di non aver ancora deciso. Anpi e Arci si sono schierate – ma a
maggioranza e con una profonda spaccatura al loro interno – per il No,
lanciando una raccolta di firme tra i loro aderenti. «La posizione
dell’Anpi mi spiace, ma abbiamo dalla nostra la stragrande maggioranza
dei partigiani», dice Renzi. «Quando si fanno riforme che vanno contro
lo spirito dei costituenti siamo obbligati, abbiamo il dovere di
opporci, la linea è stata decisa in un democratico congresso» è la tesi
contraria di Carlo Smuraglia, presidente Anpi, che respinge l’invito
rivoltogli in queste ore con una lettera da settanta senatori Pd
affinché l’Anpi venga schierata. Il nuovo comitato nazionale, rinnovato
domenica scorsa, si riunirà domani alla presenza anche dei presidenti
delle sezioni di Bolzano e Trento, Orfeo Donatini e Sandro Schmid, che
si sono espressi contro l’adesione ai comitati del No e per la
neutralità dell’associazione. E non sono i soli. Germano Nicolini, il
famoso “comandante diavolo”, uno dei partigiani simbolo della
Resistenza, ha già fatto sapere che starà dalla parte del Sì: «Io mai in
compagnia di Salvini, Casapound, del comico (Grillo, ndr) e della
Meloni». Ancora più verticale la frattura in seno all’Arci, la grande
associazione di sinistra che gestisce fra l’altro centinaia di Case del
popolo ed è forte di un milione e 200mila iscritti. Nel comitato
nazionale è passato con 48 voti a favore e 44 contrari il documento per
l’adesione al comitato del No, su input della presidente nazionale
Francesca Chiavacci. Ma la “sua” Toscana guida la rivolta nel mondo
Arci. A Firenze circoli come Vie Nuove o San Quirico sono già istituiti
comitati per il Sì e così in decine di altri in una regione in cui, come
in Emilia, la sede spesso è in condominio con quella Pd. «Siamo
un’associazione popolare e di massa che non deve schierarsi in questo
modo» dice il presidente Arci Toscano Gianluca Mengozzi, in rotta.
Nelle
prossime settimane c’è da aspettarsi che la divisione separerà altri
“mondi”. Nel mondo della cultura e dello spettacolo ci sono già i primi
sintomi. «Sarei tentato di votare no, per proteggere la nostra
meravigliosa Costituzione», ha fatto sapere Roberto Benigni giorni fa a
Pisa. Pippo Baudo ha già fatto endorsement al contrario: si batterà per
il Sì.