domenica 22 maggio 2016

Corriere 22.5.16
«Errori e stranezze, persa un’occasione»
De Siervo: non si capisce che Senato sarà
intervista di Paola Di Caro

ROMA Per Matteo Renzi, senza il sì alla riforma costituzionale l’Italia resterà ancorata al passato e sarà la fine di ogni speranza di cambiamento. Per Ugo De Siervo, presidente della Corte costituzionale dal 2010 al 2011, semplicemente «non è vero». Firmatario assieme ad altri 50 costituzionalisti di un documento estremamente critico nei confronti delle riforme costituzionali varate dal Parlamento, De Siervo è convinto che si sia «persa una grande occasione» per cambiare davvero l’Italia. E respinge come «affermazioni un po’ volgarucce» le parole del premier secondo cui con il no al referendum tornerà l’Italia dell’«inciucio»: «Sono discorsi da cattiva sezione di partito. Non è questo il modo di affrontare un tema serio e decisivo per la vita di un Paese».
Come si sarebbe dovuto affrontare il lavoro sulle riforme?
«C’era la possibilità di trovare un accordo sufficientemente ampio per modificare alcune disposizioni costituzionali e poi rimandare a una nuova legislatura costituente un cambiamento della Carta più esteso. Invece sono stati riscritti 40 articoli con una maggioranza raccogliticcia e anche con un certo degrado parlamentare che hanno portato ad errori, a stranezze, a soluzioni palesemente inadeguate».
Ma la sua è una critica di metodo o di merito?
«Per me quel che conta più di tutto è il merito: non si capisce che Senato esca da questa riforma, come sarà formato, che reali competenze avrà».
Sarà una Camera delle Autonomie.
«Sì, si crea una Camera delle Autonomie e non si specifica cosa si intende per “autonomie”. Si azzera l’autonomia delle Regioni ordinarie e si rafforza troppo quelle delle Regioni a statuto speciale che sono state storicamente enormi centri di spesa. Si complica il processo legislativo, moltiplicando la conflittualità per l’iter delle leggi che rischia di essere più accidentato di oggi. E, per finire, si toglie quasi tutto alle Regioni e poi si attribuisce loro competenza esclusiva in materie immense come l’industria, l’artigianato, le miniere, peraltro in contraddizione con quanto accaduto nel referendum sulle trivelle. Basterebbe del sano riformismo, ma a volte sembra di stare in una gabbia di pazzi...».
Renzi ribatte che certo, la riforma poteva essere fatta meglio, ma è comunque un grandissimo passo aver svecchiato le istituzioni del Paese.
«Ma non può essere così: se in una riforma ci sono 5 cose buone e 5 cattive sono le seconde che prevalgono, perché rischiano di far saltare il sistema. Quello che viene scritto in Costituzione determina il funzionamento o il mal funzionamento di un Paese».
Se non passa il referendum però salta il governo...
«E se ne farà un altro di governo della Repubblica, magari con Renzi che si è dato una calmata e che lo guida».
Considera un ricatto politico da parte del premier legare l’esito del referendum alla vita del governo?
«Io dico che non si può e non si deve collegare la vita politica ordinaria a vicende costituzionali. De Gasperi non partecipava alle sedute della Costituente, e certo non perché non seguisse o non ne conoscesse i lavori...».