Repubblica 22.5.16
Cercasi Aristotele disperatamente
A
ventiquattro secoli dalla nascita, a Salonicco si celebra il grande
filosofo sia per aggrapparsi a un glorioso passato che per illuminare un
catastrofico presente
Magari partendo da una sua vecchia lezione: “Il denaro deve essere un mezzo e non un fine”
di Ettore Livini
ARISTOTELE
SPEGNE le candeline del suo compleanno (sono 2.400, auguri!) e si
regala una festa in agrodolce. Dolce perché il mondo non l’ha
dimenticato. Anzi: decine di studiosi, filosofi e professori in arrivo
da ogni angolo del mondo — in testa il presidente greco Prokopis
Pavlopoulos — si ritroveranno da domani a Salonicco per una sorta di
Woodstock della cultura dedicata tutta al suo lavoro, il primo atto
dell’”anno aristotelico” voluto dall’Unesco. Amaro perché — come direbbe
lui — l’uomo è un animale politico. E la realtà quotidiana della Grecia
— anche a due passi dalla capitale della Macedonia — è lì a ricordarci
che l’utopia di una democrazia “fatta di cittadini liberi e uguali” come
la sognava lui è ancora oggi, a tutti gli effetti, un’utopia: un
centinaio di chilometri a nord dalla Torre Bianca ci sono i diecimila
migranti accampati al confine di Idomeni, all’ombra del filo spinato che
ne ha bloccato la fuga da guerra e miseria. E fuori dai saloni che
ospiteranno convegni e dibattiti, le vie della città sono segnate dalle
cicatrici della crisi senza fine del paese, uno tsunami che ha bruciato
un quarto dell’economia nazionale, lasciato senza lavoro un greco su
quattro e diviso l’Europa tra Nord e Sud, tra falchi del rigore e
colombe della solidarietà.
Il filo tra passato e presente, tra le
lezioni di Aristotele ad Alessandro Magno e le trattative con la Troika
all’Eurogruppo, è più sottile di quanto si pensi. «Atene è oggi il segno
più macroscopico del pericolo di un’Unione che non è più quella che si
sperava che fosse», ammette Enrico Berti, presidente onorario
dell’Istituto internazionale di filosofia e special guest tricolore al
convegno di Salonicco. La Polis ideale immaginata dal filosofo di
Stagira — “un mondo dove ognuno deve partecipare, governando bene quando
è al potere per poi poter godere dei benefici dell’essere governato
bene dagli altri”, riassume il professore dell’università di Padova — è a
modo suo un manifesto ante-litteram dei valori fondativi della Ue.
Valori che per ironia della sorte rischiano oggi di andare in frantumi
proprio sotto il Partenone, in un paese alle corde travolto da una
tragedia moderna dove i debiti, il valore del denaro e le storture
dell’economia di mercato — altri modernissimi temi degli antichi lavori
di Aristotele — recitano un ruolo da primattori. «L’idea che l’Europa si
ritrovi a Salonicco per parlare della cultura delle sue radici e non di
Pil è comunque un buon segno» dice soddisfatto Mario Vegetti, uno dei
massimi esperti italiani del pensiero ellenico, autore assieme a
Francesco Ademollo di Incontro con Aristotele (Einaudi).
I tempi, ovviamente, sono cambiati. L’economia globale è qualcosa di più complicato dell’unione virtuosa tra Oikos e
Nomos
che nel 330 avanti Cristo riassumeva per il filosofo macedone l’arte di
dare regole alla gestione dei beni di casa. Lo stesso Aristotele (che
probabilmente si sarà rivoltato nella tomba) è finito nel tritacarne
mediatico della crisi, sbandierato dal quotidiano tedesco Bild tra i 50
motivi — accanto all’ouzo — per cui i tedeschi devono voler bene ad
Atene. Il valore dei suoi messaggi però non si è appannato. «La sua
enfasi sul concetto di autarchia può sembrare antiquata — dice ad
esempio Chris Hann, del Max Plank Institut — ma in realtà non è così.
Basta applicare il concetto di Oikos a livelli differenti». E se l’Oikos
nel senso di casa è oggi l’Europa «il senso di identità culturale e di
solidarietà sociale nel continente è una pura ipocrisia — sostiene Hann —
visto che il trattamento riservato ai greci nell’era dell’austerità è
figlio degli interessi delle istituzioni più della comunità. Un brand da
sventolare più che un valore reale». Tradotto nella cronaca di queste
ore, è più aristotelico il Fondo monetario internazionale, che chiede un
taglio al debito ellenico per non imporre nuovi tagli, piuttosto di
Bruxelles che per le sue miopie e gli interessi a breve termine (le
elezioni tedesche nel 2018) non vuol fare concessioni e insiste sulle
sforbiciate a bilancio e welfare.
Le vecchie categorie, quando
sono valide, durano per sempre, aggiornandosi con lo scorrere dei
secoli. «Le donne, in fondo, erano persone ma non cittadini per
Aristotele», ricorda Berti. Oggi, per fortuna, non è più cosi, e anche
l’idea di Polis ha cambiato pelle: «Duemilaquattrocento anni fa era una
realtà piccola, autosufficiente a se stessa — continua il professore —
ora nemmeno gli Stati nazionali sono autosufficienti. Il mondo è
interdipendente, il senso di comunità va ben oltre il limite dei
confini. Anche la Ue non è più autosufficiente. Servirebbe una società
politica mondiale. Sarebbe un passo fondamentale e invece si sta
tornando indietro, come dimostra proprio quello che è successo in
Grecia».
La strada verso la comunità ideale, insomma, resta lunga,
ma l’influsso dello scienziato macedone nel percorso verso il traguardo
è ben vivo anche oggi, malgrado gli incidenti di percorso tra Atene e
Bruxelles: «C’è un neo-aristotelismo etico e politico diffuso nel
pensiero tedesco e anglosassone — spiega Vegetti — un modello di pensare
la politica in senso liberale e non utopistico». Che deve però fare i
conti con un pianeta dove il nemico numero uno del filosofo di Stagira —
la crematistica, alias una realtà dove il denaro serve solo ad
ammucchiare altro denaro — detta la linea. Ventiquattro secoli fa sulle
sponde dell’Egeo non si scambiavano derivati, non si scommetteva su
future e opzioni e non si affidava il futuro di un paese — è successo ad
Atene ma anche all’Italia — a contratti di ricopertura sui tassi
d’interesse. «Aristotele era contrario alla speculazione — aggiunge
Vegetti — ottenere moneta grazie alla moneta per lui era una
perversione. L’economia dal suo punto di vista era solo l’arte di
scambiarsi un surplus di merci: io ho più grano, tu hai più olio,
possiamo aiutarci a vicenda. Usando il denaro solo per rendere più
semplice la transazione. Un mezzo e non un fine». Odiava il debito e i
prestiti a interesse, le due armi che hanno messo in ginocchio la Grecia
negli ultimi anni d’austerity. Visioni antiquate da critico
ante-litteram del capitalismo, sostiene qualcuno, come il sogno di un
mondo che riconosca a tutti uguali diritti e uguali doveri. Ma temi che
visti attraverso la lente dei fallimenti della turbofinanza senza
controlli, regina dei nostri tempi, riemergeranno nei dibattiti di
Salonicco dei prossimi giorni, con la forza di idee che hanno ancora
attualità.
«Aristotele ha gettato le basi per i concetti di
democrazia, cittadinanza e comunità — dice Demetra Sfendoni Mentzou,
responsabile del Centro per gli studi interdisciplinari del filosofo e
anima del congresso — oggi più che mai abbiamo bisogno delle sue idee
per ridefinire questi valori assieme a quelli dell’umanità stessa».
«L’idea di una società basata sulla conoscenza è la sintesi stessa della
sua modernità e sarà la vera sfida del Ventunesimo secolo» conclude
Ennio De Bellis dell’università del Salento. «La conoscenza è la vera
arma per difendere la democrazia — aggiunge — perché aiuta a distinguere
la giustizia dall’oppressione in una società sempre più complessa,
spaziando dalla scienza, ai media fino alla finanza». Parole che in una
Grecia dove crisi e austerity ha allargato a dismisura la platea dei
poveri e l’ingiustizia sociale sono d’attualità oggi esattamente come
ventiquattro secoli fa.