giovedì 19 maggio 2016

Repubblica 19.5.16
Il futuro della destra
di Piero Ignazi

LA CRISI di Forza Italia e il tramonto della leadership di Berlusconi hanno creato una (pericolosa) illusione ottica: che la destra sia scomparsa, frantumata in tante componenti bizzose. Certo, l’egemonia del berlusconismo, una egemonia che si espandeva anche al di là dei territori della destra ammaliando persino a sinistra, fa parte di un passato che non ritorna. Il trionfo del Pdl alle elezioni del 2008 è inimmaginabile, oggi. Non ci sono più quelle condizioni sociali e politiche che lo resero possibile: una sinistra allo sbando e senza leadership, e una società ancora ribollente di animal spirits e pervasa da un individualismo familista e anti-istituzionale. La destra interpretava gli ultimi scampoli di un mondo in procinto di sgretolarsi di fronte alla “Grande Crisi”. Il colpo di coda di Forza Italia alle elezioni del 2013 era frutto, ancora una volta, delle debolezze altrui. Solo l’auto- affondamento bersaniano aveva fornito una boccata d’ossigeno al Cavaliere. Ma era ormai una respirazione artificiale.
Però, caduto Berlusconi e disperso il suo seguito, non per questo la destra è morta e sepolta. In Italia, un elettorato moderato conservatore con forti pulsioni populiste e radicali è sempre esistito, e non si è dileguato. Soprattutto, non è corso sotto le ali del Pd renziano. Il mitico 40 per cento ottenuto del Pd alle europee del 2014, ha il suo corrispettivo nella vittoria del Pci alle europee di trent’anni prima: un
unicum irripetibile. I voti in quel tipo di elezioni non spostano l’elettorato. Sono elezioni atipiche, senza conseguenze. Quindi, quel mezzo milione di voti che in quell’occasione si è spostato dal centro- destra al Pd non è detto che vi rimanga, anzi. E infatti tutti i sondaggi da un anno e più a questa parte indicano che l’elettorato si è stabilmente acquartierato nei suoi tre poli, con la destra variamente intesa che contende il primato a Pd e M5S. Anche se gli elettori moderati sono rimasti orfani del loro caro leader e si sono divisi in varie parti, continuano a rappresentare circa un terzo dell’elettorato. Il fatto che non ci sia più una voce sola, riconosciuta da tutti come autorità indiscussa (benché Berlusconi abbia sempre avuto dei contraltari: pensiamo a Bossi e a Fini, in diverse fasi) scolorisce l’efficacia della proposta politica di destra. Ma, allo stesso tempo, proprio la cacofonia di questo schieramento consente di attirare un ampio ventaglio di uditori. Un po’ come accadeva al tempo dell’Ulivo, quando le sue diverse espressioni gli facevano raccogliere una pluralità di consensi non raggiungibili altrimenti.
La destra, quindi, è ancora potenzialmente competitiva. Le manca un successo elettorale squillante per dimostrare di “esserci”. I buoni risultati ottenuti alle regionali dello scorso anno non hanno avuto un effetto trainante. Una vittoria in una grande città, invece, cambierebbe l’umore — il “sentiment”, come dicono i sondaggisti — dell’opinione pubblica. La sua offerta politica acquisterebbe maggiore rilievo.
Inoltre la conquista di Milano o di Roma rimette in movimento tutto il sistema, perché i primi ad essere colpiti saranno i grillini. Contrariamente a quanto si pensava, il fianco molle del sistema partitico non è la destra, bensì il M5s. Il partito di Grillo e Casaleggio jr ha toccato l’apice della sua fortuna. Fin qui ha raccolto un elettorato deluso e arrabbiato pescando lungo tutto l’arco politico, da destra a sinistra. Ma la sua indeterminatezza ideologica e organizzativa lo espone al rischio di fratture e dispersioni. Il caso Pizzarotti non è che un’avvisaglia senza conseguenze immediate: altri contrasti saranno ben più laceranti. È solo questione di tempo, e i nodi verranno al pettine. Una crisi del M5s chi favorirà? Be’, contro chi si è antagonizzato il M5s in questi anni se non contro il Pd? Allora quella prateria elettorale che sembrava essere fornita dall’implosione del berlusconismo ha un’altra origine, è grillina. Chi trarrà vantaggio da una probabile, benché non immediata, crisi del M5s sarà la destra che condivide con quell’elettorato una pulsione populista e antipolitica, pur con accenti diversi. La destra non è scomparsa dall’orizzonte: i suoi elettori hanno varie offerte diverse su cui convergere. E poi sono in attesa dei fratelli separati in casa grillina. Chi rimane a bocca asciutta è il Pd.