Repubblica 18.5.16
L’intervista.
Parla l’inviato delle Nazioni Unite Staffan de Mistura: “Serve una svolta entro luglio o agosto”
“Se la tregua non regge il Califfato si allargherà e sarà fuga verso la Ue”
intervista di Vincenzo Nigro
VIENNA.
«Per ora i negoziati di pace a Ginevra non ripartono, non voglio
neppure parlare di date perché dobbiamo prima verificare sul terreno
cosa cambierà dopo Vienna. Siamo stati noi dell’Onu a chiedere questo
vertice dell’International Syria Support Group,e lo abbiamo fatto perché
il tavolo del negoziato stava per cedere: la tregua è rispettata
soltanto al 50 per cento e gli aiuti umanitari non raggiungono chi è
assediato, tra l’altro in un modo che ricorda gli assedi medievali».
L’inviato Onu per la Siria, Staffan de Mistura, prova a non perdere
l’ottimismo, ma lo scenario che disegna è critico.
Ambasciatore, perché avete chiesto questa riunione di Vienna?
«La
speranza di pace in Siria si poggia su tre gambe, incerte e delicate:
un cessate-il fuoco, la consegna degli aiuti, il processo politico con i
negoziati indiretti di Ginevra. Due di queste tre gambe stavano cedendo
pericolosamente: la tregua e la consegna degli aiuti. Di conseguenza
rischiavano di travolgere tutto il negoziato politico-diplomatico, che è
poi lo strumento per la pace. Cercare un accordo politico per
trasferire il paese dalla guerra civile a una transizione e poi a un
nuovo assetto politico-istituzionale. Quindi il segretario generale Ban
Ki-moon ha premuto con i governi del Issg perché perlomeno si provasse a
puntellare le gambe di questo tavolo».
Quali sono i risultati del vertice?
«Abbiamo
provato a mettere qualche chiodo alle gambe del tavolo. Il fatto che ci
siamo impegnati per far arrivare aiuti umanitari dal cielo, con lanci
di paracadute, è una pressione su chi ancora blocca quei soccorsi. È
sotto gli occhi di tutti che il rispetto della tregua era caduto dall’80
al 50 per cento; gli aiuti umanitari non affluiscono come concordato
nelle aree assediate, l’opposizione ha impedito all’Onu di portare aiuto
a Foua e Kefraya (due cittadine sciite con 30mila abitanti, ndr) e
l’esercito blocca anche le medicine per i bambini, verso le aree come
Darayya. Questa è la ricetta perfetta per un blocco totale: io sono
ottimista, ma non nascondo la realtà, e così il segretario Ban Ki-moon».
Se non partono gli aiuti, se non si consolida la tregua cosa succederà?
«Semplice:
la guerra civile riprenderà, con nuove armi che sono arrivate o
arriverebbero subito, ci saranno altre migliaia di profughi. Io non
voglio essere catastrofista, ma se il conflitto in Siria riprende forza
soltanto pochi siriani proveranno a rimanere nel paese e ci sarà una
nuova fuga verso l’Europa. Chi è stato coinvolto direttamente e ha perso
la casa o la famiglia è già fuggito o ci sta provando: se riparte la
guerra si perderà fiducia nella possibilità del paese di riprendersi,
partiranno quasi tutti ».
Nel frattempo però le azioni militari dei russi, dei siriani e della coalizione americana hanno fermato l’Is.
«Ma
lo Stato Islamico riprenderebbe forza immediatamente da una nuova
condizione di guerra civile, allargherebbe le sue sfere di influenza,
mentre il paese andrebbe verso una sorta di ripartizione in 3 o 4 zone
che renderebbe il tutto ingovernabile per anni».
Ambasciatore,
tutti sanno che tra luglio e agosto l’amministrazione americana perderà
spinta propulsiva, entrerà in campagna elettorale e dovrà fare la
“faccia feroce” ai russi. Mentre proprio oggi si vedeva plasticamente
che il negoziato va avanti proprio grazie a Russia e Stati Uniti.
«Io
non entro in queste dinamiche politiche nazionali, ma è chiaro che
luglio-agosto è il tempo entro cui dobbiamo dare una svolta al processo.
Tra l’altro è stato ribadito che entro il primo agosto dovrà partire il
processo politico di transizione per le istituzioni siriane. Si, in
quei due mesi arriverà il tempo delle decisioni. Ed è vero: il negoziato
si è retto sull’energia positiva che Russia e Stati Uniti hanno saputo
imporre, il solo fatto che a Ginevra ci sia una sala operativa militare
comune russo-americana in cui anche generali e ufficiali controllano la
tregua e parlano con le diverse parti è un esempio di quanto essenziale
sia il ruolo di questi due paesi. Ma non basta, tutti devono essere
pronti a rinunciare a qualcosa».