mercoledì 18 maggio 2016

Repubblica 18.5.16
Les italiens in piazza a inseguire la rivoluzione “Qui abbiamo scoperto che i giovani contano”
Studenti e ricercatori, sono gli stranieri più numerosi “Da noi il sistema ci ha escluso”
di Anais Ginori

PARIGI. Mattia era venuto per studiare matematica alla Sorbona. Si è ritrovato a sognare la rivoluzione. Il suo cellulare non smette di squillare, nuovi avvisi per cortei, riunioni, azioni lampo. «Ogni tanto devo spegnere per combinare qualcosa anche all’università». Mattia, 27 anni, è uno dei tanti italiani dentro a Nuit Debout, il movimento nato contro la riforma del lavoro ispirata in parte dal Jobs Act di Matteo Renzi, secondo stessa ammissione del premier francese Manuel Valls. La protesta che si è vista poco o niente in Italia durante l’approvazione della legge, va in scena a oltranza in place de la République. «A differenza del nostro paese, i francesi hanno uno Stato sociale solido, che vogliono difendere», osserva Adele, 24 anni, arrivata da Livorno con il programma Erasmus. «I giovani sono i grandi esclusi dal sistema italiano», aggiunge Michele, 26 anni, dottorando in Fisica. La piazza dell’undicesimo arrondissement è una ribalta sempre affollata. «È paradossale trovare in Francia un protagonismo politico che ci è mancato», continua Mattia seduto sulla scalinata con gli altri amici.
Da due mesi e mezzo fanno insieme le ore piccole. “Les italiens” sono gli stranieri più numerosi delle notti in piedi, seguiti da spagnoli e tedeschi. Si sente parlare con accento milanese nella mensa, dove i ragazzi cucinano solo vegano. C’è una ragazza di Roma nella commissione logistica che si occupa delle strutture mobili. «Qualcuno scherza sul fatto che abbiamo preso il potere », dice Mattia. Con Adele e Michele gestisce la pagina Facebook in italiano del movimento che ha anche “Radio Debout”, “Tv Debout” e il giornale online “Gazette Debout”. In piazza, verso la rue Turbigo, è stato allestito un grande schermo, CinéLuttes, sul quale vengono proiettati documentari sulle lotte sindacali degli anni Settanta e Ottanta.
Inutile cercare un filo conduttore tra lo stand di esperanto, la commissione sulla presenza militare francese in Africa, il dibattito sull’islamofobia o la scrittura di una nuova Carta dei diritti universali. «Anche questa è politica», sostiene Mattia. A parte qualche eccezione, come l’economista Frédéric Lordon e il regista François Ruffin, il movimento continua a essere senza leader e molto variegato nella sua composizione. Un’indagine interna ha decretato alcune caratteristiche: età media 31 anni, un terzo di laureati, un quinto di disoccupati.
«È bello non essere omogenei », dice Adele che ha partecipato a varie azioni, come l’occupazione di un liceo per accogliere migranti. «C’è un’oggettiva convergenza delle lotte, in particolare sul tema delle frontiere, significativo anche per noi espatriati », spiega Michele.
Non è ancora emerso uno slogan per riassumere Nuit Debout che nel manifesto online parla di un generico «riprendere la parola». Forse ha ragione il mentore Lordon quando dice: «Non rivendichiamo nulla». «Abbiamo individuato problemi comuni a cui vanno date risposte globali», sintetizza Mattia. Tre parole d’ordine: frontiere, precarietà, spazio pubblico. A rallentare l’emergere di proposte concrete, c’è il meccanismo di voto ancora in via di definizione. La commissione Democrazia — incaricata di organizzare le modalità di partecipazione — è suddivisa in quattro gruppi di lavoro, alcuni sottogruppi. I tre italiani ormai partecipano poco alla lunga assemblea generale che si riunisce ogni giorno alle diciotto. «È un po’ dispersiva», dice con eufemismo Mattia che preferisce concentrare le energie alla commissione internazionale da dove è partito l’appello “Global Debout” di domenica scorsa. L’adesione nelle piazze italiane è stata finora sottotono.
Verso mezzanotte i poliziotti cominciano a chiedere di andar via. Il rapporto con gli agenti rimane teso. «Questa piazza pacifica è stata più volte sgombrata in modo violento», dice Michele. La presenza di casseurs, gli infiltrati, viene minimizzata. «Non vogliamo dividerci tra buoni e cattivi». A poche centinaia di metri c’è il Bataclan. Secondo Adele la lotta contro il terrorismo è diventata un alibi «per una repressione indiscriminata». Mattia ammette: «L’uso della violenza è un tema molto dibattuto tra noi».
Tra qualche settimana la contestata Loi Travail potrebbe essere approvata con un “passaggio in forza” (una fiducia senza voto) del governo sul parlamento diviso. «È una nostra vittoria », dicono gli italiani. Nuit Debout dovrà trovare altri obiettivi. Adele: «Questa piazza non esaurisce il movimento». Michele: «Ci sono persone che sono venute a manifestare per la prima volta, qualcosa è stato seminato ». Vista da place de la République l’Italia sembra davvero lontana.