Corriere 18.5.16
Hollande, le proteste e la riforma del lavoro
di Stefano Montefiori
«Non
cederò», ha ripetuto ieri mattina François Hollande alla vigilia delle
nuove manifestazioni contro la legge El Khomri sul mercato del lavoro.
Il presidente francese in realtà ha già ceduto sulla sostanza, perché la
riforma è stata modificata e svuotata degli aspetti più significativi.
Ma si tratta di una questione di principio e Hollande, che si gioca in
questi mesi la possibilità di presentarsi come candidato a un secondo
mandato presidenziale, non può lasciare il campo dell’intransigenza e
del riformismo liberale nelle mani del suo premier Manuel Valls o del
ministro dell’Economia Emmanuel Macron.
Allo stesso modo l’estrema
sinistra non vuole abbandonare la lotta, anche se la riforma è già
passata grazie al meccanismo costituzionale dell’articolo 49-3, che
permette di approvare un progetto di legge senza l’approvazione
parlamentare. Così ieri, nella sesta giornata di mobilitazione indetta
dai sindacati, decine di migliaia di persone sono scese in piazza a
Parigi e in tutta la Francia contro misure che a loro dire confermano
l’orientamento neo-liberale del governo socialista. Secondo il ministro
dell’Interno erano 68 mila, 220 mila secondo il sindacato Cgt. In ogni
caso 87 persone sono state fermate, secondo uno schema ormai consueto
che prevede molti manifestanti pacifici e piccoli gruppi di «casseur»
che cercano lo scontro con la polizia.
Le forze dell’ordine si
sentono prese di mira e reagiscono manifestando a loro volta: oggi
scenderanno in place de la République a Parigi, il luogo di solito
occupato dal movimento anti-governativo della Nuit Debout, per
protestare contro il clima di odio verso gli agenti. È uno degli aspetti
più tristi di questa stagione di crisi sociale in Francia: dopo gli
attentati del gennaio 2015 la gente fermava per strada i poliziotti e li
abbracciava, ringraziandoli, perché si sentiva protetta dal loro
lavoro. Neanche un anno dopo, i rappresentanti della forza pubblica sono
nemici da colpire.