Repubblica 18.5.16
Renzi: basta liti nel Pd per sei mesi
Il
segretario dem chiede una moratoria delle polemiche interne fino al
referendum del prossimo ottobre Bersani: ma serve una voce di sinistra.
Io sono stato mandato in Siberia. Governo vicino alle lobby? Il sospetto
c’è
di Goffredo De Marchis
ROMA. Renzi chiede
una moratoria di sei mesi alla minoranza del Pd. Basta polemiche, basta
attacchi. C’è il passaggio delle amministrative a giugno e c’è
soprattutto l’appuntamento del referendum costituzionale sul quale, dice
all’assemblea dei parlamentari del Pd, «faremo una gigantesca campagna
». Dice il premier: «Abbiamo sei mesi di tavolini. Pancia a terra e
testa alta. Sei mesi in cui le discussioni interne le potete fare quanto
vi pare, ma lasciano il tempo che trovano. Sei mesi in cui il successo e
la sconfitta di tanti compagni nelle città dipenderà anche dal livello
di polemica interna che avremo». E così stabilisce un collegamento tra
comunali e quesito sulla legge Boschi.
Renzi ringrazia deputati e
senatori, garantisce alla minoranza che sarà rispettato il patto sul
Senato elettivo una volta passata la riforma. Giochiamo all’attacco, non
facciamo catenaccio, anche perchè non abbiamo davanti dei fenomeni e si
riferisce ai grillini. «Basta con questo atteggiamento rinunciatario,
basta avere paura, non provate un minimo d’orgoglio dopo che per anni
questo Paese è stato immobile?», chiede il segretario dem.
Quindi
il richiamo è alla mobilitazione, ripetuto anche davanti ai segretari
provinciali e regionali del Pd riuniti a Largo del Nazareno. «Io non
personalizzo - spiega Renzi, ma il referendum è la battaglia del Pd. Per
carità anche di altri ma soprattutto nostra ». All’accusa di cercare un
plebiscito, Renzi risponde: «Perchè dico che lascio la politica se
perdo? È semplice: vi immaginate che all’indomani della sconfitta vado
in televisione e dico: “Però i Sì hanno preso il 45 per cento”». Non è
possibile. Renzi scherza con il vicesegretario seduto accanto a lui: «Lo
potrebbe fare Guerini, io no...». Tornare nelle piazze dunque è il
progetto per «guardare in faccia la gente» e perchè fuori dal Pd «non
c’è alternativa democratica credibile ». Perciò «è tempo di andare
avanti nelle riforme ma bisogna tornare nelle piazze, non dobbiamo avere
paura di guardare in faccia le persone, non dobbiamo avere un
atteggiamento rinunciatario, di chi dice sì, però. Stiamo dettando la
linea in Ue e restituendo la speranza in Italia».
In contemporanea
con l’assemblea dei parlamentari, Pier Luigi Bersani a Otto e mezzo
annuncia il suo Sì al referendum ma attacca su vari fronti. Sostiene che
il Pd dovrebbe essere il partito più lontano dalle lobby ma qualche
volta il «dubbio» viene. Condanna l’alleanza con Denis Verdini: «Mi si
imputa tutte le volte che ce l’ho con Verdini, non ce l’ho con Verdini.
Ma il Pd deve avere al centro l’onore e non si può mettersi con
transumanti di ceto politico. Verdini è un traghettatore di questi
trfasfughi e per il Pd questo è un problema, non per me». Il patto con
Ala è uno degli argomenti della futura sfida al congresso Pd. Si
alimenta anche di episodi come la cena ieri a Cosenza tra lo stesso
Verdini e Luca Lotti, braccio destro di Renzi. Ma Lotti smentisce
recisamente la cena: «Non è mai avvenuta», fa sapere.
Bersani
chiude disegnando un Pd ormai diviso in due, spaccato. Approfitta di una
battuta di Sergio Staino, il creatore di Bobo, che vorrebbere fuori
dalle scatole Bersani e D’Alema che «Togliatti avrebbe già mandato in
Siberia». «La verità, Staino, è che in Siberia mi ci hanno mandato
insieme a tanti altri. Pensate che l’Unità di Renzi non mi hai mai
chiesto un’intervista. Un rispetto della privacy apprezzabile», ironizza
amaro l’ex segretario.